La lunga ombra della frode fiscale sulla fusione transfrontaliera

Il mondo finanziario e quello giudiziario si sono incrociati con fragore a seguito del maxi-sequestro preventivo di azioni per un valore di oltre 1,2 miliardi di euro eseguito dalla Guardia di Finanza di Milano nei confronti di Lagfin S.C.A., la holding lussemburghese che detiene la partecipazione di controllo nel Gruppo Campari, un’icona del Made in Italy nel settore delle bevande. L’azione, disposta dalla Procura di Monza, affonda le radici in un’indagine che ruota attorno al controverso meccanismo della “exit tax” e a presunte manovre elusive realizzate durante una complessa operazione di fusione transfrontaliera avvenuta tra il 2018 e il 2020.

L’Ipotesi di “dichiarazione fraudolenta”

Al centro dell’inchiesta c’è il sospetto degli inquirenti di una evasione fiscale miliardaria scaturita dalla mancata tassazione di ingenti plusvalenze maturate in Italia, in capo a una società poi incorporata, al momento del suo trasferimento (e conseguente fuoriuscita) dal territorio nazionale. Tali plusvalenze, stimate in circa 5,3 miliardi di euro, avrebbero dovuto essere assoggettate alla cosiddetta exit tax, l’imposta che mira a colpire il valore degli asset aziendali nel momento in cui lasciano la giurisdizione fiscale italiana. L’operazione societaria straordinaria, che ha visto la holding lussemburghese Lagfin assorbire la propria controllata italiana, è ora analizzata sotto la lente d’ingrandimento per la presunta attuazione di una “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”. Secondo la ricostruzione, il gruppo avrebbe solo formalmente trasferito gli asset detenuti dalla società italiana a una branch domestica neo-costituita, mantenendo tuttavia la gestione effettiva del ramo d’azienda finanziario a livello della casa madre estera.

La responsabilità amministrativa

L’impianto accusatorio non si ferma alla sola frode fiscale, ma lambisce anche il tema della “responsabilità amministrativa delle persone giuridiche” (ai sensi del D.Lgs. 231/2001), che consente di sanzionare l’ente per reati commessi nel suo interesse o vantaggio da soggetti apicali. Il sequestro delle azioni ordinarie di Davide Campari-Milano N.V., eseguito fino a concorrenza dell’imposta ritenuta non versata, rappresenta una misura cautelare finalizzata a garantire l’eventuale confisca per equivalente del valore sottratto al fisco italiano.

Dalla holding Lagfin è giunta una nota che, pur confermando il contenzioso, ha voluto minimizzare l’impatto sul Gruppo Campari. La società ha precisato che l’indagine e il sequestro riguardano esclusivamente Lagfin e non la quotata Davide Campari-Milano N.V. né le sue controllate, aggiungendo che, detenendo Lagfin oltre l’80% dei diritti di voto di Campari, la misura non è in grado di intaccare la partecipazione di controllo. Lagfin ha inoltre ribadito di aver sempre operato in modo corretto, respingendo le contestazioni mosse e preannunciando il ricorso nelle sedi opportune.

A cura di Dario Lessa

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