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“Il diavolo veste Prada” compie 10 anni. E Meryl Streep neanche voleva farlo

Matteo Osso | 26 Giugno 2016

Anne Hathaway meryl-streep

Era il 2006. nessuno di noi, milioni di spettatori che in tutto il mondo ci siamo riversati nei cinema per […]

Era il 2006. nessuno di noi, milioni di spettatori che in tutto il mondo ci siamo riversati nei cinema per guardare la sublime Meryl Streep nei panni di Miranda Priestley, avremmo potuto immaginare che quel film sarebbe entrato nelle nostre vite per sempre.
Il diavolo veste Prada fu un successo travolgente: costato 41 milioni di dollari, ne incassò al botteghino ben 326. Fu il trampolino di lancio per carriere di personaggi come Anne Hathaway, destinata a mietere un successo dopo l’altro, ma fu soprattutto la consacrazione assoluta di Meryl Streep nel mito.

Eppure c’è stato un momento in cui quella che già all’epoca era considerata una delle migliori attrici della storia era sul punto di rifiutare.
Intervistata dal magazine Variety, La Streep racconta: «L’offerta era insignificante, se non offensiva. Nemmeno lontanamente prossima al mio reale valore. C’è stato un momento in cui ero pronta a salutare tutti, ma la produzione raddoppiò la cifra. A 55 anni avevo appena imparato, molto tardi, a negoziare per me stessa». Qualunque fosse la cifra, ne è valsa la pena. Il diavolo veste Prada è entrato in un botto solo nella storia del cinema, del costume, della moda e dell’economia.
Impossibile dimenticare la lezione impartita dalla perfida Miranda alla nuova assistente riguardo all’orrendo golfino lilla, per non parlare della imperturbabile, serafica chiusura di ogni discussione: «è tutto». Ma è stato anche un coltello affondato in profondità nel corpo di un sistema, quello della moda e dell’editoria, che nascondeva e ancora oggi nasconde, dietro una facciata di successi e potere, vite spesso miserabili dal punto di vista emotivo, consumate in un lusso incapace di colmare i vuoti affettivi lasciati liberi da una carriera costruita sul potere assoluto. E per la prima volta ha dato voce ai pesci piccoli, l’esercito di soldati che per due dita negli occhi devono stare al passo con le direttrici milionarie, sentendosi costantemente inferiori a loro, ma svolgendo di fatto un ruolo essenziale.
Sono passati  dieci anni,  ma il capolavoro non è invecchiato di un solo giorno, e chi lo ha già visto non può resistere alla tentazione di ripetere l’esperienza. Tutti gli altri non sanno cosa si sono persi.

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