Muhammad Alì, se se è andato. Non ho avuto la fortuna di incontrarlo. Nino Benvenuti, il nostro grande campione, ancora piange, da grande uomo quale è. Dopo che si era convertito all’Islam Muhammad Alì aveva cambiato nome, ma per me è sempre stato Cassius Clay, un simbolo di libertà. Il campione più grande del mondo, campione dei pesi massimi, simbolo della lotta alla segregazione razziale, simbolo dell’uguaglianza, dei diritti di tutti, anche di chi non conta e non doveva contare, tollerante con i deboli, sempre diritto sulla schiena della sua coscienza anche quando il Parkinson lo aveva piegato, ma i suoi occhi sono sempre rimasti in piedi. L’unica star che ha detto no a miliardi di dollari per dire no alla guerra in Vietnam diventando un simbolo anche per i bianchi d’America, usando una dialettica semplice e diretta che veniva capita da tutti e metteva in difficoltà i grandi politologi come Nixon: “I vietnamiti non mi hanno fatto niente”. Lui aveva la dialettica semplcie dlela ragione disinteressata.

Il mondo si sta inchinando in queste ore a un uomo così grande, anche noi. La cosa più tenera che ho letto in queste ore, da quando s’è sparsa la notizia, l’ha scritta Marco, uno dei suoi milioni di fan: “Adesso possiamo dire che ha battuto proprio tutti, anche la vita: infatti è stata lei a ritirarsi per abbandono”.

Riposa in pace Cassius Clay, Mohammad Alì, hai saputo accarezzarci il cuore, hai saputo renderci più forti anche nella malattia. È stato il tuo grande dono al mondo e forse solo oggi lo capiamo fino in fondo.