Il progetto della Commissione Europea vuole fermare la crescente minaccia delle interferenze straniere e delle fake news

La Commissione europea ha svelato la sua arma più ambiziosa per contrastare la disinformazione su scala continentale: lo “Scudo europeo per la democrazia” (European Democracy Shield), un progetto che vuole reagire alla crescente minaccia delle fake news e alle interferenze straniere senza tuttavia trasformarsi in uno strumento di censura. Nel cuore dell’iniziativa spicca il Centro europeo per la resilienza democratica, un hub volontario che metterà in rete Stati membri, istituzioni Ue, ONG, società civile, fact-checker e media indipendenti per contrastare propaganda, campagne coordinate e manipolazioni online.

L’idea, come spiegato in un comunicato ufficiale della Commissione, è quella di rafforzare concretamente i pilastri della democrazia: media liberi, dibattito fondato sui fatti, elezioni eque. In un momento dominato da tensioni geopolitiche, rivoluzioni tecnologiche e strategie ibride, Bruxelles non vuole più limitarsi a reagire in modo frammentato, ma punta a un coordinamento europeo sistemico, capace di scattare con prontezza quando si presentano minacce nel cosiddetto “spazio informativo”. 

Protocollo “incidenti e crisi”

Il Centro per la resistenza democratica avrà un ruolo centrale come piattaforma per allertare su campagne di disinformazione, condividere intelligence e attivare risposte rapide. In parallelo sarà istituito un protocollo “incidenti e crisi” legato al Digital Services Act, che consenta una coordinazione urgente con le piattaforme tecnologiche nei momenti più critici. 

Si tratta a tutti gli effetti di un sostegno concreto al giornalismo indipendente e alla società civile. La strategia prevede finanziamenti, incentivi e protezione per i media e i giornalisti: in particolare contro le minacce, le pressioni e gli attacchi che censurano il lavoro di verifica. Allo stesso tempo, si punterà molto sull’alfabetizzazione mediatica dei cittadini, per rafforzare la capacità collettiva di riconoscere le false narrazioni.

Deepfake e contenuti generati con l’intelligenza artificiale

Ma la Commissione non si limita ai mezzi tradizionali: il piano cita esplicitamente le “nuove tecniche di manipolazione online”, come i deepfake e i contenuti generati con l’intelligenza artificiale. Per contrastarli verrà elaborata una rete europea di fact-checker e think-tank, un supporto alla ricerca su strumenti tecnologici in grado di rilevare la manipolazione, e linee guida per l’uso dell’IA nei processi elettorali. 

In un colpo di scena intrigante, Bruxelles coinvolgerà anche gli influencer digitali in una rete volontaria, per trasformarli in attivisti di una comunicazione consapevole: promuovere norme europee, incoraggiare l’uso etico degli strumenti digitali, avviare campagne di sensibilizzazione. Questo punto rivela quanto l’Unione stia cambiando strategia: non solo giuristi o tecnocrati, ma anche voci popolari nel tentativo di costruire una “difesa democratica” adattata al XXI secolo.

Il confine tra libertà di espressione e sorveglianza democratica è sottile

Tuttavia il progetto non è privo di ombre e critiche. Da alcuni angoli (e non solo nei corridoi dei think-tank) emergono dubbi sul fatto che uno “scudo” così potente possa trasformarsi in un meccanismo di controllo dell’informazione, piuttosto che in una protezione della verità. Il confine tra libertà di espressione e sorveglianza democratica è sottile, e il rischio è che la volontarietà di partecipazione al Centro non basti a rassicurare chi teme derive autoritarie. Del resto, la partecipazione rimane su base volontaria – ma le aspettative sono alte, e alcuni sospettano che l’Ue non si accontenterà di una presenza simbolica.

Tra le indiscrezioni circolate nelle ultime ore, secondo fonti non ufficiali, sembra che la Commissione stia già sondando l’ingresso di alcuni Paesi candidati all’adesione, come l’Ucraina, all’interno del Centro per la resilienza, nella convinzione che il contenuto informativo sia un vero fronte strategico nel confronto geopolitico. Altri segnali parlano di una spinta “soft” verso piattaforme tecnologiche di grande impatto (Google, Meta, TikTok, X) affinché potenzino la loro capacità di rilevare contenuti manipolati, etichettare i deepfake e collaborare più strettamente con Bruxelles in caso di crisi informativa. 

Ma la posta in gioco è alta: se lo scudo sarà efficace, potrebbe davvero rafforzare la democrazia europea e alzare una barriera contro le campagne di disinformazione orchestrate da potenze straniere. Se invece sbaglia direzione, il rischio è quello di dare al potere una leva per plasmare il discorso pubblico come mai prima – e allora le parole di Kaja Kallas, alta rappresentante Ue, suonano come un monito: “difendere i media liberi, il dibattito basato sui fatti e le elezioni eque” non è un obiettivo secondario, ma il cuore stesso della nostra democrazia. 

Dario Lessa

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