Oscar: i rappresentanti del cinema italiano nel corso degli anni

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Oscar: i rappresentanti del cinema italiano nel corso degli anni

Vincenzo Chianese | 25 Febbraio 2019

Tutti i rappresentati del cinema italiano nel corso degli anni alla cerimonia di premiazione degli Oscar Nessun italiano, quest’anno, alla […]

Tutti i rappresentati del cinema italiano nel corso degli anni alla cerimonia di premiazione degli Oscar

Nessun italiano, quest’anno, alla serata degli Oscar. Anche se si è continuato a citare il nome Roma per le tante nomination. Come ormai tutti sanno non si tratta della nostra Roma, ma di un quartiere di Città del Messico. La vera Roma, però, è stata spesso protagonista degli Oscar. Visitata in vespa in Vacanze romane da Gregory Peck e Audrey Hepburn. Protagonista di una storia d’amore in Tre soldi nella fontana con Rossano Brazzi. Ricostruita a Cinecittà, la Roma antica in Ben-Hur e Cleopatra e descritta, quella contemporanea, in La dolce vita di Fellini e La grande bellezza di Paolo Sorrentino. A conferma dello stretto rapporto tra noi italiani e gli Oscar:il nostro è il paese non di lingua inglese che più di tutti è stato premiato.

I primi film a rappresentarci alle serate degli Oscar sono stati i capolavori del neorealismo. Nel 1946 Roma città aperta è candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura, scritta dal regista Roberto Rossellini, Sergio Amidei e dal giovane Federico Fellini. Nel 1947 Sciuscià di Vittorio De Sica ha la nomination per la sceneggiatura e ottiene il Premio speciale «per la qualità superlativa raggiunta in circostanze avverse in un Paese distrutto dalla guerra». E nel 1949 Ladri di biciclette di De Sica e Paisà di Rossellini sono candidati per la sceneggiatura.

A Ladri di biciclette è assegnato il Premio special come «film straniero di straordinaria qualità». In realtà in quei giorni si parla soprattutto di Rossellini, per la storia d’amore con Ingrid Bergman. Una conseguenza dei film neorealisti: il Piano Marshall di aiuti economici ai Paesi europei è reso possibile anche dall’effetto sconvolgente che i drammatici capolavori di Rossellini e De Sica hanno sui politici americani.

Ma non è tutto.

I rappresentati del cinema italiano agli Oscar

Alla serata del 20 marzo 1952, per gli Oscar del 1951, nessun italiano sul palco e uno solo in platea: Vittorio Gassman, accompagnatore di Shelley Winters, candidata miglior attrice per Un posto al sole. Si sposeranno dopo pochi mesi. Possiamo considerare “quasi nostro” nel 1953 l’Oscar per il miglior attore non protagonista: va all’italoamericano Frank Sinatra per il personaggio del soldato italoamericano Angelo Maggio in Da qui all’eternità. Miglior attrice è la Audrey Hepburn di Vacanze romane (che anni dopo sposerà un italiano, Andrea Dotti, e si trasferirà a vivere a Roma). Anna Magnani vince come miglior attrice del 1955 con La rosa tatuata: per lei, rimasta a Roma, ritira il premio l’attrice Marisa Pavan, candidata come miglior attrice non protagonista per lo stesso film. L’italoamericano Ermes Borgnino, nome d’arte Ernest Borgnine, vince inaspettatamente con Marty, vita di un timido.

Nel 1956 La strada di Fellini è il miglior film straniero. Federico rimane seduto in platea: il premio lo ritira il produttore Dino de Laurentis. Nel 1957 la Magnani è di nuovo candidata miglior attrice per Selvaggio è il vento. E Vittorio De Sica ha una nomination come attore non protagonista per Addio alle armi, dal romanzo di Hemingway ambientato in Italia durante la Grande Guerra. Fellini ha due nomination: vince per il miglior film straniero con Le notti di Cabiria, non ci riesce con la sceneggiatura di I vitelloni. Sophia Loren sale in palcoscenico per consegnare uno dei premi.

Il 1959 è l’anno di Ben-Hur, girato a Cinecittà in 10 mesi di lavorazione e che si aggiudica undici Oscar. Ma in platea tutti guardano Shelley Winters: è appena tornata dall’Italia dove ha aggredito il marito traditore Gassman e la sua nuova fiamma Anna Maria Ferrero. Si consola con il premio Oscar come attrice non protagonista per Il diario di Anna Frank: per interpretare la parte è ingrassata di una ventina di chili che non riuscirà più a perdere. Gina Lollobrigida invece è sul palcoscenico degli Oscar 1960, per premiare Billy Wilder. Mentre per gli Oscar 1961, Burt Lancaster dovrebbe premiare Sophia Loren, protagonista di La ciociara. Ma lei è rimasta a Roma, ha assistito per un po’ alla cerimonia tenendosi sveglia con caffè e sigarette, ma poi è crollata ed è svegliata alle 6 e tre quarti da una telefonata di congratulazioni. C’è una doppia nomination per Fellini, come miglior regista di La dolce vita e per la sceneggiatura originale.

Non è ancora finita.

Il cinema italiano rappresentato alla cerimonia di premiazione degli Oscar

Nel 1962 Sophia Loren vorrebbe consegnare l’Oscar per il migliore attore a Marcello Mastroianni, candidato con Divorzio all’italiana, invece il vincitore è Gregory Peck. Pietro Germi è candidato come miglior regista, ma ottiene solo l’Oscar per la sceneggiatura originale. E siamo al 1963, quando Julie Andrews bacia appassionatamente Federico Fellini vincitore dell’Oscar con 8 ½, miglior film straniero. L’anno dopo, trionfa De Sica per Ieri, oggi, domani. A questo punto Federico e Vittorio sono pari, tre Oscar per uno. Per De Sica il quarto arriva nel 1971 con Il giardino dei Finzi Contini, per Fellini nel 1974 per Amarcord. Ma il 29 marzo 1993 Fellini arriva a cinque con il premio Oscar alla carriera.

Al Dorothy Pavillon di Los Angeles glielo consegnano i due volti-simbolo del cinema italiano, Marcello Mastroianni e Sophia Loren. Motivazione: «Come riconoscimento per le sue qualità cinematografiche che hanno entusiasmato e deliziato il pubblico di tutto il mondo». Federico ringrazia con un discorso commovente: «Che posso dire? Be’, non me lo aspettavo davvero. O forse sì, ma non prima di altri venticinque anni! In ogni caso, è meglio che arrivi ora… Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno lavorato con me. Non posso nominare tutti, quindi lasciate che faccia un solo nome, quello di un’attrice che è anche mia moglie. Grazie, carissima Giulietta e, per favore, smettila di piangere!». Sette mesi dopo Federico scomparirà, un anno dopo si spegnerà Giulietta.

Altri registi italiani ricevono l’Oscar: nel 1970 Elio Petri per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Nel 1987 stravince L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci: miglior film, miglior regista e altri sette Oscar, dalla sceneggiatura ai costumi. Giuseppe Tornatore vince l’Oscar 1989 con Nuovo cinema Paradiso; Gabriele Salvatores nel 1991 con Mediterraneo. Nel 1998 a Sophia Loren, che apre la busta col nome del vincitore basta esclamare “Roberto!” perché Benigni, regista e protagonista di La vita è bella, si scateni, saltando da una spalliera all’altra delle poltrone, a un certo punto aiutato da Steven Spielberg che gli impedisce di cadere. Sul palcoscenico, Benigni travolge la Loren, poi parla: «Vorrei tuffarmi in questo oceano di generosità, sono preso da un uragano di gratitudine per voi, vorrei baciarvi tutti». Quando lo chiamano di nuovo come miglior attore, afferma: «È un errore, ho già usato tutto l’inglese che conosco. Vorrei essere Giove per portarvi nel firmamento e fare l’amore con tutti voi. Il mio corpo è in tumulto. Questo Oscar non lo merito…però spero di vincerne altri!».

E ancora…

Le vittorie del cinema italiano agli Oscar nel corso degli anni

Gli Oscar italiani non si limitano però a registi e attori. Sono molti gli straordinari vincitori. In testa a tutti Milena Canonero, che ha vinto quattro Oscar: per i costumi di Barry Lyndon, Momenti di gloria, Maria Antonietta e Grand Budapest Hotel. Hanno vinto tre Oscar il musicista Giorgio Moroder per la colonna sonora di Fuga di Mezzanotte, Flashdance e Top Gun. Carlo Rambaldi per gli effetti speciali di King Kong, Alien e E.T.; Dante Ferretti e Federica Lo Schiavo per le scenografi e di L’aviatore, Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street e Hugo Cabret. Vittorio Storaro per la fotografia di Apocalypse now, Reds e L’ultimo imperatore.

Due Oscar sono stati assegnati a Piero Gherardi per i costumi in bianco e nero di La dolce vita e ; a Vittorio Nino Novarese per i costumi di Cleopatra e di Cromwell-Nel suo pugno la forza di un popolo. A Danilo Donati per i costumi di Romeo e Giulietta e Casanova di Fellini; e a Pietro Scalia per il montaggio di JFK-Un caso ancora aperto e Black Hawk Down. A Ennio Morricone il premio alla carriera e per la colonna sonora di The Hateful Eight.

Ma c’è un altro elenco da ricordare, quello dei nomi incredibilmente ignorati dagli Oscar. Non hanno mai vinto la statuetta giganti della regia del calibro di Luchino Visconti, Mario Monicelli, Marco Ferreri, Gillo Pontecorvo, Dino Risi, Ettore Scola, Sergio Leone, oltre che grandi attori come Monica Vitti, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Gianmaria Volontè, Silvana Mangano, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Mariangela Melato, Giancarlo Giannini. Che non sono certo meno grandi per aver mancato l’ambita statuetta. Ma forse non aver vissuto il brivido della premiazione e del sentire pronunciare il proprio nome dopo il classico «The winner is…» è stato per loro un cruccio non indifferente.

Editoriale a cura di Carlo Palumbo, dal numero 10 di Visto TV del 26 febbraio.