L’inverno è una di quelle stagioni che restano dentro al Morganti: lo sento arrivare prima ancora che fuori l’aria diventi più fredda.

Arriva piano, insieme ai volti che tornano, amici, clienti di sempre, e anche tanti personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura che, da anni, trovano qui un punto d’incontro, un rifugio, un sorriso.

Ogni sera, tra i tavoli del Morganti, si mescolano profumi e voci, risate e racconti,ed è questa la parte più bella sapere che, per chi entra qui, non è solo un ristorante, ma un ritorno a casa.

Di recente è venuto a trovarci un amico speciale: Giucas Casella.

La sua presenza, il suo calore è come un camino in una sera fredda. Giucas, con quella sua ironia lieve che riempie la stanza fa sorridere anche i muri.

E allora diventa chiaro che la cucina, qui, non è solo mestiere: è il modo più sincero che abbiamo per restare vicini, anche quando fuori l’inverno bussa alle porte. Io lo dico sempre: la cucina è importante, ma il calore umano lo è di più. Vedere il locale riempirsi di affetto, di gente che si conosce, si ritrova, si abbraccia, dà senso a tutto. È come se ogni piatto fosse solo un pretesto per dire “che bello rivederti”.

C’è un odore diverso in cucina in questi giorni, di burro che sfrigola piano, di brodo che sobbolle, di legno che scalda. C’è un ritmo che si placa, una gentilezza che torna. Non è solo questione di ricette, ma di emozioni, così l’inverno ci costringe a rallentare, ad ascoltare il cibo come si ascolta una persona che ami.

Per me cucinare in questa stagione è un gesto di gratitudine, è il momento in cui la tavola diventa rifugio, e il cibo smette di essere solo nutrimento per diventare racconto, ricordo, emozione.

Ogni piatto ha un suo respiro, ogni ingrediente una sua voce e  mentre fuori tutto si fa più freddo, dentro le cucine accade il contrario il calore cresce, si diffonde, diventa luce.

Amo l’inverno perché ha il colore del ritorno, un ritorno al gusto, al focolare, al cucchiaio che affonda in un piatto fumante mentre fuori il mondo corre e tu, per una volta, no. Cucinare d’inverno è come raccontare una storia d’amore perché serve lentezza, serve ascolto, serve fuoco.

I cibi cambiano abito, si vestono di toni ambrati, di velluti scuri, di rosso vino e zucca dorata e la natura smette di urlare e sussurra, mentre il corpo, come un bambino, si avvicina a quel calore.

Torniamo a scegliere ingredienti che parlano di terra, di nebbia, di mani e tutto diventa una carezza che parte dalla bocca e arriva al cuore.

Ogni piatto che preparo in questa stagione è una dichiarazione: Ci sono ancora cose che scaldano davvero.