Scuola di Seduzione Novella 2000 n. 45 2020 Barbara Fabbroni

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A Scuola di Seduzione con Barbara Fabbroni: il docu-film di Tiziano Ferro

Redazione | 29 Ottobre 2020

Tiziano Ferro si racconta a cuore aperto in un docu-film dedicato al passato e all’infanzia: ecco il resoconto di Barbara […]

Tiziano Ferro si racconta a cuore aperto in un docu-film dedicato al passato e all’infanzia: ecco il resoconto di Barbara Fabbroni per la rubrica Scuola di Seduzione.

Siamo nell’epoca dell’amore 2.0, dei Millennials, dei social sempre più social, del Covid-19, delle dichiarazioni richieste agli influencer dal Premier affinché certe regole vengano seguite. Ma ancor più siamo nel tempo dei favolosi coming out. Dichiarazioni aperte, che narrano le proprie storie di vita più profonde sia riguardo la sfera emotivo-affettiva sia relativamente alla sfera relazionale-sociale.

Così il “brutto anatroccolo” finalmente diventa cigno e il Calimero, finito in lavatrice nella speranza che diventi bianco candido, deve fare i conti con la sua natura, riconoscendone le virtù. Riuscirà il pulcino nero a diventare, nonostante il colore, un pulcino virtuoso senza vivere l’angoscia di ritrovarsi solo e sconsolato per ritrovarsi cigno candido? Il cambio di rotta sembra possibile.

Tiziano Ferro, artista straordinario, nella sua vita ha vissuto nell’anima la sofferenza più cruda. Lui non ne fa mistero, anzi. Nell’ultimo periodo è diventato un uomo che narra il suo vissuto senza censure. La voglia di raccontarsi funge da esperienza catartica, così la sensazione vissuta sulla sua pelle di essere costantemente vittima di soprusi e ingiustizie, di sfiducia negli altri e nella vita, rompe lo schema cronicizzato dal tempo.

Non più la chiusura da Calimero, ma l’apertura al cambiamento o la trasformazione in cigno. Così il grande Tiziano, che ha attraversato la landa desolata dell’essere cicciottello, deriso per la sua fisicità, scopre di essere gay tanto che dona al suo pubblico un coraggiosissimo coming out quando ancora non era così in voga, convola a nozze col suo amore americano, l’imprenditore Victor Allen. Il Calimero diventa cigno.

Passioni tormentate

“Per mia mamma Victor è come un figlio”, confessa Tiziano, parlando dell’amato in un’intervista appassionata da Mara Venier. Prosegue: “Lo abbraccia, se lo stringe. Questa è la cosa più bella che la vita poteva regalarmi”.

La famiglia l’ha accolto con un calore infinito. A tutto questo si aggiunge la recente dichiarazione a cuore aperto in cui racconta i suoi anni da alcolizzato, allontanando tutti, per poi ritornare a vedere la luce.

Ciliegina finale: la morte del suo cane, adottato da un canile, che gli ha spezzato il cuore. Nonostante le cure migliori, è volato nei Campi Elisi. Insomma, una fitta rete di dolori che hanno costellato la sua vita, ma lui, il Tiziano nazionale, non ha mai perso la voglia di riscatto, e si è magicamente tirato fuori da tutte le situazioni da Calimero.

Resta poco chiaro perché, nonostante le tante sfighe, i coming out, la consapevolezza lucida e concreta, il suo vissuto intimo denso di emozioni nei talk show con lacrime al seguito, non si sia fermato dall’evadere milioni di tasse.

Qui di Calimero sembra ci sia davvero poco, a meno che la narrazione del suo vissuto non sia un modo strategico per catturare l’immaginario dei suoi fan, affinché poi, se esce qualche notizia difficile da gestire, il suo pubblico non la colga perché coinvolto da altro.

Sindrome di Calimero

Come può essersi organizzata la sindrome di Calimero in Tiziano?

Generalmente sono modalità che si apprendono in famiglia, attraverso continue svalutazioni, violenza fisica o psicologica subita da piccoli.

La sua narrazione è ricca di momenti in cui la famiglia, soprattutto la madre ma anche il padre Sergio, sono il centro del suo mondo, la sua bussola, il suo porto sicuro. Ma qualcosa forse non torna. Cerchiamo di capire perché.

Vittima o vittimista?

La differenza sta sull’aspetto che scinde la vittima dal vittimista oppure c’è altro?

In entrambe le situazioni l’individuo potrebbe aver subito (per il vittimista non è detto), ingiustizie e disgrazie. Ma la prima non usa ciò che è successo per manipolare gli altri, anzi. Tenta di risolverlo in silenzio.

Al vittimista invece non interessa risolvere tanto l’ingiustizia, quanto usarla per manipolare in modo immaturo e tirannico le relazioni.

Questa cosa si fa un po’ complicata. Bisognerebbe chiedersi se il tutto non accadeva nell’immaginario di Tiziano così che lui si costruiva una realtà tutta sua, dove restava intrappolato forse per nascondere un problema ancora più profondo. La sua natura gay che cercava di celare?

Il ruolo da Calimero calzava a pennello, poteva essere un’ottima maschera sociale per giocare al gioco psicologico del “Capitano tutte a me. Sapevo che sarebbe andata a finire così. Sono nato sfortunato”. Attraverso questo meccanismo, la stessa realtà viene vissuta in maniera distorta, per non sentire il dolore, la frustrazione o il senso di impotenza.

Qual è il vantaggio di tutto questo? È una strategia per scippare carezze, riconoscimento, tenere in pugno le persone, ottenere ascolto, protezione e indulgenza altrui?

Sotto sotto, Narciso

Be’, niente male il sottofondo narcisista che abita questi individui, e che può dare il meglio di sé. Il brutto anatroccolo ha imparato, sin da piccolo, a considerarsi inadeguato. Ed è così convinto della sua visione delle cose che, quando vede riflessa nell’acqua la sua immagine di cigno, sul principio non si riconosce nemmeno.

Sembra la stessa cosa accaduta a Tiziano. Non credete? Forse di Calimero c’è qualche traccia di sottofondo, ma nulla di così incisivo.

Ve lo ricordate nelle sue prime apparizioni TV? Bravissimo, ma timidissimo come se dovesse dire ogni volta: “Scusate se esisto”.

Da dove nasce un simile atteggiamento verso la vita? Importante è l’ambiente dei pari, dove la persona vive. L’avere un’immagine corporea non adeguata (Tiziano era cicciottello) può portare a subire attacchi, una sorta di bullismo che crea una voragine interiore. Su questo buco nero di dolore naufraga la propria autostima.

Sappiamo quanto l’immagine corporea, il modo in cui ci vediamo e ci presentiamo agli altri abbia ripercussioni profonde a livello di sicurezza di sé.

Il vedersi “brutti”, il percepirsi inadeguati ha conseguenze che influiscono non solo sul corpo, ma anche sulla mente, sul modo di stare al mondo.

La mente è come una lente. L’immagine di sé avviene attraverso questa lente, che può modificare, deformare, ampliare, distorcere ciò che osserva.

Su questa visione si costruisce la risposta al mondo, si organizza la propria personalità.

Senza dubbio Tiziano Ferro è riuscito a dare al cigno che è in lui una possibilità. Non ha più permesso che il mondo, l’altro, lo ferisse. Si è raccontato, ha svelato i suoi demoni, ha trovato la sua strada, così il brutto anatroccolo è solo un ricordo da tenere ben custodito all’interno di sé.

Nella vita nulla si perde, tutto si trasforma.