Il tribunale di Biella ha emesso il verdetto per l’ex deputato FdI protagonista dello sparo di Rosazza: arriva la condanna, ma anche un’assoluzione a sorpresa

Capodanno col botto: un anno e tre mesi per l’ex deputato FdI Pozzolo Emanuele Pozzolo, un anno e tre mesi per l’arma “abusiva”. Tra assoluzioni parziali e veleni politici, cosa resta del più chiacchierato sparo dell’ultima notte dell’anno

Si chiude, almeno in primo grado, uno dei capitoli più imbarazzanti e chiacchierati dell’inizio anno della politica italiana: la saga dello “Sparo di Capodanno” che ha visto protagonista l’allora deputato di Fratelli d’Italia, Emanuele Pozzolo. Il tribunale di Biella ha emesso la sua sentenza, condannando il parlamentare (oggi fuori dal partito di maggioranza) a un anno e tre mesi di reclusione con pena sospesa, riconoscendolo colpevole dell’accusa più tecnica ma cruciale: il porto illegale di arma da fuoco. Non una semplice disattenzione, ma la violazione di una norma fondamentale che regolamenta la detenzione e il trasporto di un’arma da collezione – la famosa mini-pistola North American Arms, da cui partì il colpo che ferì un presente alla festa nella Pro Loco di Rosazza.

Eppure, in questa vicenda, il diavolo si nasconde nei dettagli, e non mancano gli elementi che stemperano l’amaro in bocca per il condannato. Pozzolo è stato infatti assolto dall’accusa di porto di munizionamento a espansione, quelle che per l’accusa erano state definite munizioni da guerra. L’assoluzione con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, è un punto a favore del deputato, che in aula si era strenuamente difeso affermando di aver acquistato i proiettili regolarmente in armeria, ignaro di qualsiasi irregolarità. Questo esito processuale getta un’ombra sulla presunta gravità di una parte dell’impianto accusatorio, permettendo a Pozzolo di commentare all’uscita dal tribunale come un’altra parte delle accuse montate anche dai media si è sgretolata.

Le ombre politiche e mediatiche

Ma al di là della tecnicità legale, la vera partita è stata giocata sul tavolo della politica e dell’immagine. Quella notte, a Rosazza, non c’era solo Pozzolo con la sua scorta e il suo mini-revolver; c’era anche il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, in un contesto di festa che ha finito per esporre il fianco a indiscrezioni e polemiche feroci. La rapidità con cui Fratelli d’Italia si è allontanato da Pozzolo, culminata con l’espulsione, non è stata dettata solo dal botto in sé, ma dal timore di un contagio politico in un partito che fa della legalità e dell’ordine la sua bandiera. Il processo per le lesioni, nel frattempo, era già venuto meno a seguito del risarcimento e della remissione della querela da parte del ferito, focalizzando l’attenzione esclusivamente sulle violazioni normative.

Resta il sapore amaro di una vicenda che ha messo a nudo nervi scoperti: la leggerezza nell’uso delle armi, le frequentazioni politiche ad alto livello e il meccanismo della gogna mediatica e partitica, di cui Pozzolo si è sentito vittima fin dal primo momento. Con la sospensione condizionale della pena, il deputato non finirà in carcere, ma la condanna segna un punto fermo, un monito che risuona ben oltre le aule di tribunale, toccando le stanze del potere e i salotti dove la politica si mischia alla cronaca nera. La palla passa ora, inevitabilmente, all’appello, in un dramma giudiziario-politico che è tutt’altro che finito.

A cura di Dario Lessa

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