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Studio Minolfi: separarsì sì, ma con amore

Redazione | 28 Aprile 2021

Per evitare liti che si protrarrebbero a lungo, meglio sposarsi organizzando l’eventuale separazione: i consigli dello studio legale Minolfi

Matrimoni e separazioni

Sposarsi con amore è facile. O meglio, oggi è più facile visto che ci sono meno obblighi familiari. Insomma il coniuge, oggi, uno può sceglierselo. Di certo non è facile “lasciarsi con amore”, perché se e quando arrivano i problemi grossi – quelli cui non si riesce più a trovare una soluzione – la coppia scoppia e di solito scoppia male.

Nel senso che litigi, ritorsioni, piccole o grandi vendette personali, è facile vengano scaricate sulla gestione del post-matrimonio. E allora capita di discutere su chi debba rimanere a vivere nella casa coniugale, su quanto spetti all’ex coniuge che rimane senza casa, su come gestire o dividere i patrimoni in comune (tanto finanziari, per esempio investimenti, quanto immobiliari, come seconde case o l’auto).

Il pericolo è entrare nel labirinto delle separazioni giudiziali, in cui è un giudice a decidere come dividere il patrimonio degli ex coniugi che non riescono a trovare un accordo.

Questi problemi, amarezze e magari anche svantaggi, si possono evitare.

Separazioni “non litigiose”

Casi di separazioni non litigiose esistono, vedi Belen Rodriguez e Stefano De Martino. Si sono sposati sull’onda del fuoco dell’amore nel 2013, e nel 2015 si son lasciati. Avranno litigato, ma noi, esterni, non lo abbiamo saputo, perché avranno trovato un modo per non far “volare gli stracci” – come si dice.

Come hanno fatto? Non sappiamo. Sappiamo però che consigli dare in genere alle coppie che si sposano, per affrontare in modo civile una inattesa (e non augurata a nessuno) separazione.

Il consiglio principale è uno: stilare una sorta di contratto prematrimoniale. È una modalità che si ispira alla pratica degli accordi prematrimoniali tanto diffusi negli Stati Uniti. Da ultimo vedi Kim Kardashian e Kanye West: si sono separati senza batter ciglio proprio grazie all’accordo prematrimoniale in cui, già in fase delle nozze, avevano definito come sarebbero state divise le risorse familiari nell’eventualità di una separazione.

Precisiamo subito che questi accordi, in Italia, sono considerati nulli dal nostro ordinamento. Tuttavia, una loro rilevanza a livello probatorio ce l’hanno. Possono cioè esseri prodotti in giudizio durante un’eventuale separazione o divorzio, ed essere valutati dal giudice anche al fine di agevolare un tentativo di bonaria composizione della separazione, che così, da giudiziale, può trasformarsi in consensuale.

Dunque, in Italia l’accordo fatto prima delle nozze, in cui si decide come dividere il patrimonio nel caso di separazione, non vincola il giudice a disporre quanto indicato nell’accordo (come accade negli USA). Ma risulta utile, perché può essere fonte di ispirazione per il giudice.

Accordi prematrimoniali

Come si fa un accordo prematrimoniale in Italia? Basta che i promessi sposi firmino una scrittura privata (magari anche con l’aiuto di avvocati) in cui stabiliscono e regolano le condizioni da attuare nell’eventualità di un divorzio. È possibile, per esempio, sin prima delle nozze, fissare l’assegno di mantenimento per l’uno o l’altro coniuge nel caso di separazione.

Ma la via maestra indicata dal nostro ordinamento, è scegliere tra comunione o separazione di beni. Distinzione importantissima per la sorte futura del patrimonio, familiare e personale. Serve a definire come gestire le faccende economiche del matrimonio. Che è – lo ricordiamo – anche un vero e proprio contratto tra persone che si sposano.

Il regime di comunione dei beni è considerato quello “normale”. Si applica cioè se non si opta per la separazione. Prevede che il patrimonio dei due coniugi diventi unico, familiare.

Con la comunione infatti entrano a far parte dei beni comuni (cioè intestati di diritto a entrambi i coniugi) gli acquisti compiuti durante il matrimonio (salvo eccezioni), i redditi personali dei coniugi, le aziende gestite da entrambi e costituite dopo il matrimonio, utili e incrementi di aziende appartenenti a uno dei coniugi prima delle nozze, ma gestite da entrambi.

In caso di “comunione dei beni” ciascun coniuge può gestire autonomamente l’ordinaria amministrazione del bene. Ma spetta congiuntamente a entrambi la decisione su atti di straordinaria amministrazione (ad esempio, la casa comprata dopo il matrimonio, non può essere venduta da un solo coniuge: serve l’accordo di entrambi).

Separazione dei beni

Il regime di separazione dei beni lascia invece più libertà individuale. Comporta che ciascun coniuge conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio, mantenendone il godimento e l’amministrazione personale e diretta.

Ad esempio, la casa comprata dopo le nozze e intestata a un solo coniuge può essere venduta dal titolare, senza il consenso dell’altro (nella comunione, come detto, non si può fare).

I vantaggi riguardano non solo il singolo, che rimane titolare esclusivo dei suoi beni. Rappresentano anche una tutela per il nucleo familiare.

Ad esempio se uno dei coniugi è titolare di un’attività commerciale o imprenditoriale, in caso di fallimento i potenziali creditori possono agire sui beni non della famiglia, ma del singolo soggetto, lasciando intatto il patrimonio dell’altro coniuge.

Per quanto riguarda i figli (doveri di contribuzione al sostentamento della prole), nulla cambia tra separazione o comunione dei beni. Ciascun coniuge/genitore è obbligato a contribuire.

In conclusione, nella speranza che questo articolo sia d’aiuto a tutte le giovani coppie, v’invitiamo ad ampliare la vostra visione dell’amore e includere nell’idilliaco concetto del “due cuori e una capanna” anche un “meglio prima che poi”.

a cura di Eloisia e Luana Minolfi