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Scrive il filosofo Stefano Zecchi: La televisione è Gay Friendly

Carlo Mondonico | 11 Novembre 2016

Alessandro Cecchi Paone costantino-della-gherardesca Maria de Filippi Mika platinette Tiziano Ferro

I gay in Tv hanno successo, sono amati e fanno spettacolo. Perché il pubblico ha già fatto la sua rivoluzione […]

I gay in Tv hanno successo, sono amati e fanno spettacolo. Perché il pubblico ha già fatto la sua rivoluzione culturale, come ci spiega il filosofo Stefano Zecchi (professore di Estetica dell’Università degli Studi di Milano).

di Stefano Zecchi
Mika, nome d’arte di Michael Holbrook Penniman Jr., è un cantautore e showman  libanese naturalizzato britannico. A lui la Rai ha affidato un programma d’intrattenimento in prima serata (Stasera casa Mika, da martedì 15 novembre alle 21.10). Mika, un bel ragazzo trentenne, alto un metro e novanta, che ha capito alla svelta come girano le cose in Italia, dichiarando che avrebbe voluto nel suo show Dario Fo, è gay. Mika non fa mistero sul suo orientamento sessuale.
La televisione è il più delle volte indicata come la responsabile di tutti i mali che affliggono noi italiani. Sarebbe all’origine della nostra discesa culturale verso la banalità, della dilagante volgarità, del populismo politico, del consumismo più becero… e l’elenco dei disastri commessi dalla Tv potrebbe essere infinito, nel senso che, se c’è qualcosa che non funziona in Italia, la colpa è sua. Dalla televisione ci si libera con un semplice gesto del pollice che schiaccia un tasto del telecomando: in un istante lo schermo diventa nero. Fine della trasmissione. Il problema è che premere quel tasto non è così facile, perché poi non si ha di meglio da fare. Allora con un po’ di realismo si tollera l’invadente presenza della Tv naturalmente parlando male o con sufficienza di ciò che si vede, “giusto per tenersi informati sui suoi programmi”.
A tanti denigratori della televisione, che un po’ con stupidità, un po’ per partito preso la giudicano negativamente, suggerirei una piccola riflessione su Mika in prima serata Rai e su altri personaggi dichiaratamente gay, presenti ormai con un certa stabilità nei programmi.
Sappiamo che la battaglia per i diritti degli omosessuali ha una lunga storia, una storia che non è finita. Leggi parlamentari e delibere comunali che porterebbero avanti quei diritti sono nei cassetti del Parlamento, dei Comuni, mentre la televisione, la tanto denigrata televisione, è andata oltre le istituzioni. E oggi che si sa quanto un programma sia costoso e abbia bisogno di pubblicità per vivere e quindi di ascolti per raccogliere inserzioni pubblicitarie, la vituperata televisione è uno specchio del sentimento pubblico, molto più avanti di quello rappresentato dalle istituzioni.
La gente non manifesta alcuna perplessità nel vedere un gay che entra nella sua casa come conduttore, come opinionista, come artista. L’atteggiamento del pubblico televisivo è la dimostrazione di come il gay sia perfettamente integrato nel sistema di comunicazione, nel bene e nel male, come tutti gli altri protagonisti televisivi. Nel bene e nel male a seconda del ruolo che s’intende giocare.
La nostra società mediatica, che affonda le sue radici più vitali nel consumismo, trasforma con facilità la comunicazione in spettacolo. Ha bisogno di trovare sempre nuovi protagonisti da proporre al pubblico con un carosello di situazioni in cui deve dominare la novità, l’eccentricità per attrarre l’attenzione e non far cadere il messaggio nell’indifferenza. Questo è il fine che giustifica i mezzi, per cui si va poco per il sottile e si usa tutto quello e tutti quelli che possono rispondere a quest’esigenza di originalità per catturare l’interesse.
Il gay, esattamente come tutti gli altri colleghi che lavorano in televisione, entra a vele spiegate nel circo mediatico per dare il suo contributo allo spettacolo, ricoprendo il ruolo che più gli si addice o che gli autori dei programmi ritengono che sia per lui il migliore. E tutto ciò senza minimamente turbare la sensibilità dello spettatore.
Si pensi ai programmi di Maria De Filippi, persona di straordinario fiuto televisivo. Lentamente, a piccoli passi senza strappi, ha inserito nella sua Tv la presenza dei gay. Oggi ricoprono spazi fondamentali della comunicazione: senza tanta fantasia, si potrebbe immaginare come reagirebbe Maria De Filippi se non “funzionassero”. Poiché per vivere la televisione deve fare ascolti, l’autrice/presentatrice li avrebbe già eliminati dalla trasmissione prima ancora che la gente cambi canale perché infastidita dalla presenza gay nel programma.
Questo a conferma di come il pubblico televisivo – la gran parte degli italiani – abbia già fatto la sua rivoluzione culturale per quanto riguarda l’omosessualità, mostrandosi molto più avanti della legislazione in merito.
E, ovviamente, nel complesso generale del panorama mediatico, lo spettacolo presenta protagonisti molto diversi tra loro, e per motivi diversi comunque amati dal pubblico.
Si veda, per esempio, due persone gay dichiarate apertamente e pubblicamente presenti nei media: Platinette e Costantino della Gherardesca.
Platinette, al secolo Mauro Coluzzi, inventa con grande abilità una maschera esagerata e, forte di questa sua alterità, entra con causticità nelle questioni per le quali si chiede una sua opinione, in radio come in televisione. In lei, la maschera prevale sull’omosessualità, anche se l’omosessualità è la condizione necessaria per creare la maschera. Questo consente a Platinette di essere provocatoria, irritante, irriverente, perché, alla fine, è sempre una maschera a pronunciarsi.
Costantino della Gherardesca, conduttore di trasmissioni tv, polemista, non ostenta la sua omosessualità, ma con eleganza e ironia la usa per mettersi un gradino sopra gli altri e sottolineare quanto sia grande il proprio buon gusto, quel gusto che, mancando agli altri, gli consente di giudicarli in modo raffinato con sarcasmo, mai con volgarità.
Come si vede, figure molto diverse, e tuttavia ascoltate, amate, criticate come gli altri opinionisti e conduttori che popolano la televisione.
Ad Alessandro Cecchi Paone era venuto in mente di fare del suo outing il centro della propria campagna politica. Andata male. Accantonata la sottolineatura gay per intraprendere la carriera politica, ha rimesso in gioco le sue capacità professionali, prima al Tg4, e presto come conduttre di un progamma di divulgazione scientifica La settima porta.
Si può ricordare Tiziano Ferro che ha fatto outing per togliere di torno insinuazioni e curiosità maliziose su di lui e ha continuato a svolgere con successo la professione di cantautore senza che la sua dichiarazione potesse influire sul lavoro, anzi, forse regalandogli una nuova iniezione di popolarità.
Soltanto esempi di un mondo, quello dei gay, che ha trovato cittadinanza e amore nello spettacolo televisivo, che è uno specchio veritiero dell’Italia, molto più di quello rappresentato dalle sue leggi sull’omosessualità.
Stefano Zecchi

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