Dopo 42 anni di mistero, nuove testimonianze, documenti contestati e un audio anonimo riportano l’attenzione sul caso più enigmatico d’Italia

Tre nuove piste dopo 42 anni

Il caso di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno 1983, continua a generare domande, dubbi e nuovi scenari. A parlarne ancora una volta è Pietro Orlandi, che racconta come periodicamente emergano nuove piste da valutare. «Ogni tanto esplodono novità – spiega – e una di queste potrebbe essere quella giusta. Per questo le seguiamo tutte».

 

 

La Casa del Jazz: una pista che intreccia Vaticano e Banda della Magliana

Una delle novità riguarda la Casa del Jazz, un tempo grande villa gestita dal Vicariato di Roma sotto la guida del cardinal Poletti. Dopo la scomparsa di Emanuela, la proprietà fu venduta a Enrico Nicoletti, storico cassiere della Banda della Magliana, per una cifra molto inferiore al suo reale valore.

Secondo Pietro, le coincidenze sulla data della vendita e i rapporti tra i protagonisti di quegli anni non possono essere ignorati. «Ogni volta che a Roma emergono resti – dice – scatta subito il pensiero che possa trattarsi di Emanuela. E alcune coincidenze fanno riflettere».

 

Altre piste: cineforum, Cassia e le ombre familiari

Oltre alla Casa del Jazz, si torna a parlare anche della pista del cineforum sulla Cassia e di un possibile legame con episodi di molestie in famiglia. Temi che Pietro affronta con moltissima cautela.

 

La pista di Londra: documenti controversi, domande aperte

Pietro non smette di credere nella pista londinese, sostenendo che ci sono elementi solidi che meritano approfondimento. I documenti che sostenevano la presenza di Emanuela a Londra sono stati definiti falsi da una grafologa convocata dalla Commissione.

Ma Pietro non è convinto. «Per dire che una lettera è falsa – sottolinea – serve l’originale. E l’originale non lo ha nessuno».
La grafologa, infatti, aveva analizzato soltanto immagini mostrate in trasmissione, senza poter esaminare fisicamente i documenti.

Anche se fossero falsi, si chiede Pietro, perché qualcuno avrebbe dovuto produrli? «Se si tratta di un depistaggio, resta comunque parte della storia», insiste.

 

L’audio inedito: la voce modificata e la paura di esporsi

Tra le novità c’è anche un audio anonimo. La voce è modificata digitalmente, ma il contenuto è chiaro. L’uomo che consegnò i documenti a Pietro – poi scomparso nel nulla – gli spiega il motivo della voce camuffata e accenna al timore di esporsi pubblicamente.

«Se ti parlerò al telefono userò sempre il modulatore – afferma – perché devo proteggere la mia identità. Ho una famiglia, una vita, e loro vengono prima di tutto».

L’uomo aggiunge che ogni documento che gli consegnerà verrà comunque dichiarato falso, come se ci fosse un meccanismo già prestabilito per screditarlo.