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Sciacalli: il buon silenzio non fu mai scritto

Matteo Osso | 1 Giugno 2016

Il web. Indispensabile strumento di informazione, veicolo di immediata conoscenza e carta bianca sulla quale scrivere le proprie opinioni. Nulla […]

Il web. Indispensabile strumento di informazione, veicolo di immediata conoscenza e carta bianca sulla quale scrivere le proprie opinioni.
Nulla di male ad averne una (di opinione, troppo spesso confusa con il “pensiero”), nulla di male a condividerla anche quando è impopolare o contro corrente. Finchè questo sarà un Paese libero avremo il diritto di dire la nostra e il dovere di rispettare quello che hanno detto gli altri.
Eppure c’è un limite, sottile forse ma in quanto tale tagliente come la lama di un rasoio, che sarebbe opportuno tenere presente quando ci si accinge ad esercitare le nostre libertà.
E’ di questi giorni la  triste notizia della povera ragazza morta dopo essere stata data alle fiamme da un ex fidanzato (reo confesso) che aveva scambiato l’amore con il possesso, diventando il protagonista di una dei più efferati ed insensati episodi di violenza che la cronaca ci abbia offerto.
Conseguenza naturale di tanta violenza, i commenti e le valutazioni personali, che sul web sono andati dall’auspicio della pena di morte alle più affettuose testimonianze di solidarietà.
Ma c’è chi, in un rigurgito di senso civico misto a buon gusto, ha pensato di eleggersi giurista, sociologo, criminologo e satiro tutto insieme.
E’ una ragazza, nota sul web per i post spesso al limite del credibile, ma tutto sommato divertenti ed innocui (per lo meno fino ad ora), se guardati con gli occhi di una saggezza che non la giudica e non la imita, e che soprattutto non le appartiene. Ma ora no. Ora è troppo.
Non è comprensibile nè ammissibile che nel nome della libertà di opinione si possano leggere parole come “ok che lui le ha dato fuoco ma non sappiamo lei cosa gli abbia fatto”. Soprattutto non possiamo tollerare che all’immagine di una ragazza che fugge disperata dalla morte avvolta dalle fiamme ci sia spazio per un umorismo squallido e da sciacalli : “potrebbe avergli mentito, averlo tradito o peggio essersi fatta la nail art”. Per non parlare dello sproloquio a proposito del femminicidio o della paventata ipotesi che la vittima di sia data fuoco da sola per poter incolpare l’ex fidanzato.
Chi si riconosce in queste parole si vergogni di averle pensate. Poi si vergogni di averle scritte e in ultima istanza si vergogni di averle pubblicate.
Se fare la nail art è condizione sufficiente per essere arsa viva, cara signorina, provi a immaginare lei per sè stessa la giusta ricompensa per aver mancato di rispetto ad una vittima innocente morta per mano violenta di un uomo a cui aveva riconosciuto il diritto di essere ascoltato e alla famiglia di lei che piange la perdita di una figlia, di un’amica, di una sorella.
No, non faremo nomi e cognomi, né quelli veri né quelli d’arte. Sarebbe gratuita e immeritata pubblicità a chi, non sapendo come raggiungere il picco di “like” è disposto a sporcarsi -metaforicamente, per fortuna- le mani di sangue pur di essere al centro dell’attenzione.
Vergogna.