Ornella Muti, icona eterna di bellezza italiana, ha deciso di mettersi a nudo, questa volta però non davanti alla macchina da presa, bensì tra le pagine del libro

Questa non è Ornella Muti (La Nave di Teseo), uscito il 14 ottobre 2025. Nel racconto si susseguono amori travolgenti e delusioni profonde, seduzione ed abbandono. A parlarne è proprio lei, Ornella Muti, o forse è meglio dire Francesca Rivelli, vero nome dell’attrice romana che ha fatto impazzire generazioni e generazioni di italiani e stranieri.

Il primo abbandono

È la piccola Francesca infatti a vivere il primo abbandono, a soli quattro anni, quando la madre la porta da una zia in Svizzera per problemi di salute e la lascia lì per un anno e mezzo, senza spiegazioni. Fa fatica ad ambientarsi e una volta tornata a Roma non sa più dove è casa sua: «Non appartenevo a niente, né a nessuno. Neppure a me. Questo sentimento mi avrebbe accompagnato per la vita intera. Non ci sono stati fama, premio, apprezzamento, successo, conferma capaci di eliminare lo sgomento, la sensazione di non trovarmi a casa in nessun posto». Forse un destino di famiglia, suo nonno viveva in Estonia ed era medico dello zar di tutte le Russie, con la Rivoluzione russa fu costretto a scappare e lasciare il paese. Ed è qui che si capisce che dietro lo sguardo magnetico che ha stregato mezza Europa, c’è una malinconia antica.

L’esordio casuale nel cinema

La sua vita è stata un continuo alternarsi di incanto e dolore, di leggerezza e sensazione di non appartenenza. Anche il suo debutto nel cinema fu un caso. A quattordici anni accettò il ruolo ne La moglie più bella di Damiano Damiani, più per necessità economica che per vocazione. Al provino oltretutto era andata per accompagnare la sorella. Non sapeva cosa significasse recitare, ma imparò presto quanto potesse essere duro quel mondo. Racconta di schiaffi sul set, lividi nascosti e di una produzione che rispose alle proteste della madre con una cinica nonchalance.

Tra set, grandi registi e autoironia

Ma non è un libro triste, bensì riflessivo: è un viaggio tra set, delusioni, trionfi, grandi con cui ha lavorato, stilisti che la hanno vestita, riflettori puntati, ma anche uomini. Tra una pagina e l’altra, scorrono i nomi che hanno fatto la storia del cinema: Monicelli, Risi, Brass, Allen, e poi tanti tantissimi colleghi, da Celentano a Mastroianni, Sordi e ancora Troisi, Gassman, Tognazzi, Giannini. Ma mai, neppure per un attimo, il tono diventa vanitoso, piuttosto autoironico: «Mi guardavano come un sogno, ma io mi sentivo un po’ un fantasma», confessa. Sean Baker nella prefazione del libro parla dell’immenso potere di seduzione di Ornella a tal punto da definirne l’apparizione in Flash Gordon come sua prima esperienza sessuale, ma lei non si è mai sentita bella, la timidezza la ha accompagnata lungo tutto il percorso di vita. «La bellezza passa, la curiosità resta», dice lei e in questo libro di curiosità ce ne è tanta, anche lo stile rispecchia la personalità di Ornella: diretto, istintivo, elegante, ma allo stesso tempo sbarazzino e un po’ ribelle.

Gli amori tormentati e la ricerca di sé

«L’amore è sempre stato il mio orizzonte e il mio miraggio. Non potevo stare da sola. Ho sempre avuto un’idea romantica dell’amore, adesso ne ho una cinica. Io una romantica mi trovavo invischiata in storie torbide, pruriginose»: dalla giovane ragazza innamorata di Luca di Montezemolo, pazzo e divertente, che correva in mezzo alla strada gridando “Ti amo”, alla donna che si innamora di Adriano Celentano sul set de Il bisbetico domato e con cui vive “Una mini-storia, ma d’amore”. E ancora il rapporto con Stefano, chirurgo plastico narciso in competizione perenne con i figli e poi con Fabrice Kerhervé, altra relazione andata male, l’ultima della sua vita, per il momento. Il cuore del racconto? Non tanto gli uomini in sé, quanto ciò che è successo dentro: le attese, i sogni, il romanticismo che poi conosce la realtà. C’è anche la consapevolezza di aver sempre cercato nell’altro una risposta che forse solo lei poteva darsi: «È facile manipolare una donna che vede in te quello che vuole vedere. Io ho sempre armato i miei nemici, ma nell’amore ci credo ancora».

Madre, donna e il rapporto con il sesso

La Muti che emerge è prima di tutto una giovanissima donna che nel 1974 rifiuta di abortire nonostante le pressioni di tutti, un’attrice che non si sente mai davvero parte di un sistema e a cui piace interpretare donne coraggiose, una madre premurosa e presente. Parla anche di sesso, rivela che ha sempre fatto fatica girare scene intime nei suoi film perché si vergognava e poi sottolinea: «Noi saremmo concepiti per fare l’amore – io il sesso tanto per il sesso non lo capisco, un’avventura di una sola notte non la ho mai avuta, non mi eccita. Io per eccitarmi devo conoscerti, innamorarmi di te. Inseguire sempre corpi nuovi, nuovi orgasmi significa non avere mai una soddisfazione vera» e aggiunge «Il mio amore è pudore e timidezza mentre l’uomo ti vuole scopare, sbatterti al muro». Questo libro è una riflessione su cosa significhi essere una donna bellissima in un mondo che spesso non ti permette di essere altro. «Mi hanno chiamata in mille modi», scrive, «ma nessuno ha mai chiesto come mi sentivo davvero».

A cura di Ottavia Borghini Baldovinetti