A cura di Sabrina Colle

Un viaggio emotivo attraverso le parole di Vittorio Sgarbi, tra confessioni pubbliche e la ricerca di un rifugio sicuro nella tempesta della vita

In tempi così difficili in cui le notizie non finiscono di sopraffarci, devo ammettere che quel che vedo e quel che sento è, ahimè, non il verosimile, ma il vero. Ed è spiazzante, peggio, mortificante. Avrei, sinceramente, preferito il contrario!

Vittorio, di nuovo in video  per la promozione del sul libro “La montagna nell’arte”, edito da La nave di Teseo, appare in tutta la sua verità e complessità umana, e mi tocca profondamente quando, a sorpresa, risponde in Tv a domande che mi riguardano.

Non posso negare che sento la fatica di dovermi misurare con l’immagine che lui ha di me, nel momento in cui  afferma che io rappresento  la stabilità nella tempesta. Essere capaci di sopportare tale tempesta e di aspettare che quella interiore passi completamente, per riuscire a  capire cosa sia  successo è quello che, mi auguro, possiamo vivere insieme.

Dopo tanti anni, finalmente, ci promettiamo  fedeltà eterna in un rapporto di complicità, diventato più solido e che rafforza la nostra unione. Il posto sicuro per affrontare un quotidiano, che è poi quello di tutti, è il porto cui allude Vittorio e dove sembrerebbe aver gettato l’ancora: è aperto e accogliente proprio come lui che, sfogliando compulsivamente un libro e preso soltanto da quello che racconta, ha pronunciato parole lucide e precise, che testimoniano una mente aperta, capace di contemplare quello sta accadendo.

Questo matrimonio non è un arrivo, ma dopo le sofferenze e le fragilità di questi mesi, un ritorno alla vita.

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