Fecondazione assistita, tema spinoso. Sono tanti i VIP che hanno ammesso di essere diventati genitori grazie alla fecondazione. Per esempio Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi: hanno avuto Maria nel 2013, quando Carmen Russo aveva 54 anni.

La fecondazione assistita è un tema che ha sempre diviso. Ancora oggi in Italia è nei fatti difficile effettuarla (è disciplinata dalla Legge 40 del 2004, che pone paletti stringenti: è consentita entro una certa età, non fissata in modo uniforme nelle varie Regioni, in genere 43 anni; è permessa solo a coppie eterosessuali, no a gay o single. Nei fatti, molti vanno all’estero).

Una sentenza densa di interrogativi

Ora però una sentenza apre una serie di altri dubbi, sia legali sia etici. Il caso, realmente accaduto e affrontato dai giudici, è quello di un marito e una moglie che si sottopongono a un ciclo di procreazione assistita.

Una volta ottenuto l’embrione in vitro (ovulo fecondato col seme), però, i due sono costretti, per motivi di salute, anziché a impiantarlo subito nella donna, a congelarlo.

Poi, nel corso del tempo, i due sono andati in crisi e si sono separati. Ma la moglie, decisa ad avere quel figlio fecondato in vitro con l’ex marito, ha insistito per procedere con l’impianto.

L’ex marito, che nel frattempo ha iniziato un’altra relazione, si è opposto. La donna è stata costretta ad adire le vie legali. E il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha dato ora ragione a lei. Ha fatto bene il Tribunale? È giusto che quel figlio, come prevede la legge, venga poi mantenuto anche dal padre, che però è diventato ex marito già prima che l’embrione venisse impiantato?

La vita è sempre un diritto

Il diritto a nascere prevale sul dissen- so del genitore. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nella persona del giudice D’Onofrio, nel dirimere la delicata controversia tra l’aspirante madre e l’ex compagno, ha ritenuto prevalenti “il diritto dell’embrione a nascere e la tutela delle esigenze della procreazione, rispetto al diritto del genitore”.

Pertanto, la contraria volontà del padre è stata considerata elemento non determinante per procedere con la gravidanza, essendo primario il diritto alla vita del nascituro.

Per tale ragione, il giudice nell’ordinanza ha chiarito: “Tra il non nascere e il nascere in una famiglia di genitori separati, deve ritenersi prevalente la seconda opzione”. L’assunto è stato confermato dal collegio, che con l’innovativa pronuncia ha permesso alla donna di tentare la gravidanza offrendo all’embrione concepito in provetta la possibilità di venire alla luce.

Vale il consenso dato all’epoca, non il dissenso attuale.

I principi della sentenza

Nello specifico, il ragionamento che ha portato alla rivoluzionaria decisione è stato dar rilievo non all’attuale dissenso del padre, bensì al consenso che lui e l’allora moglie hanno prestato al momento della procreazione assistita. E secondo il collegio presieduto da Raffaele Sdino, la genitorialità dev’essere concessa a coloro che, pur essendo separati, garantiscono “un padre e una madre al nascituro”.

Facile immaginare, a una prima lettura, il ginepraio di opinioni scaturito da una simile pronuncia. È possibile imporre a un uomo di divenire padre prediligendo la volontà dell’ex compagna?

La sentenza riprende la Legge, che dice: la vita inizia con l’embrione. In quel momento si diventa genitori.

Ebbene, la sentenza non è frutto di istrionismo della magistratura. Al contrario, trova la sua ratio nella L. 40/2004, che tutela non le pretese dei genitori, ma l’embrione.

Difatti, sempre ai sensi della suddetta Legge, all’art. 6 si specifica che la manifestazione di volontà espressa dalla coppia può essere revocata solo sino al momento della fecondazione dell’ovulo. Dopodiché diviene irrevocabile.

È altresì previsto il divieto di disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre. Vuol dire, in sostanza, che nel caso di fecondazione, il padre diventa padre, senza più poter tornare indietro, quando si crea l’embrione. Ed essendo padre, acquista tutti i doveri del padre verso il figlio, tra cui quello di mantenerlo.

Una gravidanza a tutti gli effetti

È come se la coppia si separa quando lei è incinta. Volendo fare un paragone con un caso a noi diciamo più familiare, è come se una coppia si separasse dopo che lei scopre di essere incinta. Lei può (entro i tre mesi) e deve (dopo i tre mesi) proseguire la gravidanza. E lui, anche se diventa ex, rimane comunque padre.

Certo, nel caso concreto, trattandosi di fecondazione (cioè di un embrione fecondato in vitro) rimangono aperte le questioni morali ed etiche.

Ma dal punto di vista giuridico se ne deduce che il legislatore, chiamato alla disciplina di una tanto delicata possibilità offerta dalla scienza, abbia giustamente deciso di tutelare i futuri nascituri senza abbandonarli, come mere provette, ai possibili ripensamenti della coppia.

Conveniamo che se la decisione di avere un figlio non è da prendere a cuor leggero, al tempo stesso tale deve essere anche la scelta di procedere con la fecondazione assistita. Entrambe mirano a uno scopo ben più alto, il bene supremo della vita.

a cura di Eloisia e Luana Minolfi