Il caso della 31enne padovana e l’ossessione collettiva per le “iniezioni miracolose”

Nelle corsie dell’ospedale di Padova c’è stato un momento in cui una giovane donna di trentun anni ha rischiato davvero di perdere la vita. Una corsa contro il tempo, sirene spiegate e medici al lavoro per tirarla fuori da un coma ipoglicemico. Un incubo nato da un gesto di apparente semplicità: una puntura fatta in casa, convinta di iniettarsi il celebre “farmaco che fa dimagrire”. Solo che quel flaconcino non conteneva Ozempic, e nemmeno un suo generico. Dentro c’era insulina pura, acquistata su un sito internazionale che prometteva “risultati rapidi e garantiti”.

Secondo indiscrezioni filtrate dagli ambienti sanitari, la giovane avrebbe ammesso ai medici di aver cercato online una versione “più economica” del prodotto, stanca di liste d’attesa, prescrizioni introvabili e gruppi social in cui ogni giorno si raccontano miracoli in provetta. Il mercato parallelo dei farmaci dimagranti sta infatti diventando un far west digitale: annunci civetta, recensioni fasulle, pagine che spariscono nel giro di 48 ore e rivenditori che spediscono flaconi anonimi dalla provenienza più nebulosa che mai. Proprio su uno di questi portali la padovana ha trovato quello che credeva essere il colpo di fortuna. In realtà, il principio attivo era tutt’altro. E quando l’insulina è entrata in circolo, la glicemia è crollata sotto quota 40 in pochi minuti, precipitando la donna in uno stato di incoscienza totale.

Il dettaglio più inquietante è che l’episodio non è isolato. Negli ultimi mesi, raccontano alcune fonti vicine agli addetti ai lavori, si è assistito a un’impennata di casi sospetti legati all’uso improprio di farmaci per il diabete, gestiti in autonomia senza supervisione medica. Il fenomeno è alimentato dall’enorme pressione sociale verso la magrezza rapida, dalla potenza virale dei social network e dal fascino irresistibile delle testimonianze dei “prima e dopo” che invadono ogni feed. Le storie di successo fanno il giro del web, mentre gli incidenti restano sussurrati, quasi fossero colpe personali da nascondere.

Il fai-da-te farmaceutico

Ma il punto non riguarda solo la pericolosità estrema del fai-da-te farmaceutico. In filigrana emerge un problema culturale che appare sempre più evidente: la ricerca spasmodica della soluzione immediata, dell’effetto lampo, della scorciatoia che promette di riscrivere il corpo bypassando fatica, tempo e soprattutto consapevolezza. Una pressione che colpisce uomini e donne indistintamente, soprattutto i più giovani, bombardati da un’idea di perfezione fisica che non ammette lentezza né imperfezioni. E così nasce il mito dell’iniezione salvifica, dell’ampolla magica che “sistema tutto”.

Il caso della 31enne padovana riporta invece la realtà a una crudezza spesso rimossa: quando si parla di farmaci, non esistono scorciatoie innocue. Dietro un click può nascondersi un rischio enorme, dietro un flacone non controllato può celarsi una sostanza che il corpo non è in grado di gestire. È una vicenda che invita a riflettere su quanto sia diventato fragile il confine tra desiderio di benessere e ossessione estetica, tra legittima cura di sé e auto-sperimentazione pericolosa.

Per perdere peso servono equilibrio, responsabilità e un percorso serio

La giovane è stata salvata, e per fortuna oggi è fuori pericolo. Ma il suo caso rimane un monito che risuona forte, più di qualunque slogan motivazionale. Perché se la scorciatoia per dimagrire porta al pronto soccorso, forse è davvero il momento di fermarsi e ricordare l’unica verità che nessun trend social potrà mai cambiare: per perdere peso servono equilibrio, responsabilità e un percorso serio. Il resto è solo un gioco rischioso con il proprio corpo. Morale della favola, verrebbe da dire con la brutalità della saggezza popolare: se volete dimagrire, mangiate meglio e muovetevi di più. Tutto il resto non è miracolo: è roulette russa.

Dario Lessa

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