Elena D'Ambrogio Novella 2000 n. 8 2021

Social

Alla ricerca di: Elena D’Ambrogio recensisce ‘Social Media’

Redazione | 10 Febbraio 2021

Social Media, un volume firmato Guido Barosio e Raffaella Cenni. La scrittrice Elena D’Ambrogio lo recensisce con una riflessione sul potere dei nuovi mezzi di comunicazione.

Un libro di Guido Barosio e Raffaella Cenni

Ascolto sempre musica quando scrivo. Quindi non mi stupisco se, percorrendo mentalmente l’argomento di cui mi accingo a parlarvi, mi sono risuonate le note di due brani cult. Il celeberrimo ottocentesco O sole mio e il più giovane Non son degno di te degli anni Sessanta. Ossia, il mondo in mano e il rovescio della medaglia.

Quasi un’inconsapevole presa di coscienza attuale che molto affascina e molto è in linea con il pensiero di Guido Barosio e Raffaella Cenni – rispettivamente Direttore e Editore di Torino Magazine – nel libro Social Media edito da Gian Giacomo Della Porta.

Con una precisa analisi, il libro si propone di aiutare a comprendere la svolta più significativa nella comunicazione, dall’invenzione della stampa nel XV secolo, ai nostri attuali Social Media.

Non si tratta di uno dei tanti manuali già esistenti, ma di un libro per riflettere su come questo nuovo mezzo di comunicazione incida sul nostro pensare e sul nostro modo di vivere la giornata.

Tanti sono gli interrogativi su questo mondo, tanto affascinante quanto pericoloso. Ma sicuramente, oggi più che mai, un punto fermo della nostra vita.

Un vero fenomeno, che però al suo apparire non lo avremmo rilevato di tale portata. Una solitudine attraente, nella quale ci eravamo accomodati per i motivi più vari, dagli aspetti professionali ai ludici, a quelli politici e/o affettivi. Mentre ora è divenuto l’imprescindibile pulsione dell’essere.

Una presa di coscienza

Ebbene sì, l’evoluzione di questo strumento, così comodo e invitante, ha comportato – come avrebbe sostenuto Hegel – un cambiamento quantitativo tale da provocarne il cambiamento qualitativo.

Quello che raccontiamo ogni giorno, diventando editori di noi stessi, diventa la nostra carta di identità virtuale. Siamo certi che si sovrapponga a quella reale? Al riparo di una tastiera si incontra il mondo intero. Si captano e si propongono opportunità, si trasmettono opinioni, si scambiano battute, ironie, si polemizza. Che cosa meravigliosa sarebbe se i fruitori ne beneficiassero per viversi in questo mondo. Ma si offende anche.

I furbetti del web usano citazioni per camuffare calunnie, a discapito della reputazione che rischia di diventa un vuoto a perdere. Quante identità si perdono.

La presa di coscienza che offre questo libro non va sottovalutata. Non ci si può mascherare a lungo, e la pandemia costringe proprio a portarla sempre addosso questa maschera, tanto abusata, pensando poi forse di ritrovarsi?

Il cammino dell’individuo corre il rischio di scivolare in una perpetua dualità, diventando estraneo a se stesso. Ma ne vale la pena?

Occorre fare attenzione se, per esempio, l’auto che stiamo guidando si ferma per un guasto e noi abbiamo 20.000 follower cui comunicare il problema. Nessuno di loro arriverà in nostro soccorso, ma molti di certo aggiungeranno tanti like a questo inconveniente. Meditiamo!

In appendice

L’appendice di Social Media è dedicata alla comunicazione politica. I social media hanno cambiato le regole del gioco, offrendo grandi opportunità di espressione. Ma contemporaneamente hanno esposto le figure istituzionali a rischi non sempre ben calcolati.

Perché la comunicazione è tecnica, necessita di un accurato e meticoloso studio continuo. Di strategia, ma anche di esprimere la strategia attraverso la tattica. “Non vince solo chi ha l’esercito migliore, ma chi lo utilizza nella misura più efficace”.

Ovviamente questo vale per tutti. Le esigenze di visibilità e di promozione personale hanno prevalso sulla prudenza. Il tutto conduce a una riflessione vecchia come il mondo: occorre misura.

I social media offrono potenzialità sconfinate. L’essere umano se ne deve giovare, ma immaginando il mondo sulle note di O sole mio e non scivolare nel degrado del non essere “più degni” di una buona reputazione.