La spirale folle che porta dall’amore all’odio trascina Ambra Angiolini e Matteo Cremon, interpreti de ‘La guerra dei Roses’, in scena dal 9 al 26 novembre al Teatro Manzoni di Milano. Tratto dal romanzo del 1981 di Warren Adler, già reso celebre dal film di Danny De Vito con Michael Douglas e Kathleen Turner, lo spettacolo diretto da Filippo Dini racconta la separazione dei coniugi Barbara e Jonathan Rose, un divorzio sotto lo stesso tetto che sprofonda nel macabro e nell’oscuro non senza effetti comici.

“Il libro ci ha consegnato qualche sfumatura che il film non poteva cogliere – racconta Angiolini, presentando oggi a Milano lo spettacolo – Riportare un film sul palco sarebbe un’operazione fallimentare: al cinema ci sono gli sguardi, noi in scena siamo i corpi di due persone che affrontano le difficoltà in modo cinico e perfido, cadendo nel vortice della tortura”. Non una schermaglia classica tra sessi, insomma, ma una commedia nera che racconta una letterale discesa agli inferi, la cui carica comica è conservata grazie anche al contrappunto degli altri due attori in scena, Massimo Cagnina ed Emanuela Guaiana, che interpretano tra gli altri i due avvocati divorzisti: “Per le risate non ci sono appuntamenti fissi – spiega Cremon – Arrivano nell’arco narrativo, per vie degli eventi inaspettati che ci capitano, ma è più appannaggio dei due avvocati alleggerire il tono”.

A sostenere il ritmo del testo è poi anche la scenografia di Laura Benzi, una casa inclinata che suggerisce la discesa dei personaggi, ma che avrà anche un ruolo attivo – anticipa Angiolini – nel guidare l’occhio dello spettatore tra una battuta e l’altra lungo la guerra coniugale. Un conflitto che come le vere guerre non lascia altro che macerie: “Alla fine delle relazioni può esserci la tentazione di distruggersi, ma questi lo fanno davvero, è uno spaccato crudele di quello che potrebbe accadere se si scendesse nel delirio assoluto dell’emotività. Quando il mio ex compagno è venuto a vedere la prima, gli ho detto ‘hai visto cosa hai rischiato?’, e invece fortunatamente non è andata così”. Oltre la patina grottesca del film, il testo teatrale ha insomma un nucleo molto serio: “Quello che Filippo ci ha consegnato è che non dobbiamo pensare di raccontare la storiella di due che si fanno i dispetti, ma partire dal loro vero dolore, e dal dramma possono arrivare anche risate liberatorie”.

A margine, Angiolini ha anche commentato i casi di molestie e abusi sessuali nel mondo dello spettacolo: “Il mondo è questo, ma lo è anche nei supermercati: sono fiera di essere una stronza, e so che ce ne sono tante altre, e finché ci sono certi uomini bisogna essere assolutamente laureate in stronzologia”. (Fonte: Ansa)

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