Cosa sono gli attacchi di panico

Secondo recenti stime, gli attacchi di panico colpiscono tra l’1,5 e il 5% della popolazione mondiale, con una prevalenza almeno 2 volte maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Ma di cosa si tratta esattamente?

L’American Psychiatric Association (2000, 2013) li descrive come episodi di improvvisa e profonda paura, accompagnata da sintomi somatici come palpitazioni o tachicardia, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento o di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, vertigini; torpore o formicolio, brividi, sensazione di irrealtà o di essere staccati dal proprio corpo.

Tali sintomi scompaiono nel giro di pochi minuti, ma sono talmente allarmanti da far pensare a una catastrofe imminente, quale la perdita di controllo o, addirittura, la morte. Spesso subentra anche l’urgenza di allontanarsi dal posto in cui ci si trova.

Quando gli episodi sono ricorrenti, si parla di vero e proprio Disturbo di Panico. Chi ne soffre sviluppa una forma secondaria di “ansia anticipatoria”, ovvero la preoccupazione perenne di dove e quando avverrà l’attacco successivo, che finisce per condizionare l’intera esistenza, compromettendo il senso di autonomia ed efficacia personale.

Molto comune è per esempio l’evitamento dei luoghi aperti (agorafobia), dai quali risulterebbe difficile o imbarazzante scappare in caso di improvviso attacco.

Spesso diventa necessario uscire accompagnati. Soluzioni estreme possono essere il ritiro sociale e l’abbandono scolastico o lavorativo.

Quando si manifestano

Le ricerche dimostrano che gli attacchi di panico non vengono fuori dal nulla, ma sono quasi sempre preceduti da un’esperienza di lutto o separazione.

Significativo è inoltre il fatto che si manifestino prevalentemente tra l’adolescenza e i 35 anni, un periodo della vita caratterizzato dal fisiologico processo di allontanamento dalla famiglia e dalla conquista dell’autonomia.

Cosa fare per controllarli

Spesso, per compensare il senso di soffocamento, durante un attacco di panico si tende a respirare in maniera veloce e affannosa, inducendo il corpo all’iperventilazione.

L’iperventilazione riduce in maniera massiccia il livello di anidride carbonica nel sangue rispetto a quello di ossigeno. Questo squilibrio non fa che acuire i sintomi fisiologici di allarme già in atto.

In quei momenti, controllare la respirazione significherebbe controllare i sintomi e aiuterebbe anche a distogliere l’attenzione dai pensieri catastrofici indotti dalla paura.

Per questo, imparare una tecnica di respirazione consapevole può rivelarsi molto utile nella gestione immediata degli attacchi di panico.

La persona che soffre di attacchi di panico non riesce a riconoscere le proprie emozioni, e trova allarmante e priva di senso la loro espressione fisica. Va per questo innanzitutto aiutata ad acquisire un’alfabetizzazione emotiva. Imparare a leggere i propri stati d’animo è infatti il primo passo verso una loro migliore gestione.

Attraverso un percorso psicologico si può dunque venire a capo del proprio malessere, individuarne il senso e trovare il modo adeguato per affrontarlo.

Per maggiori informazioni potete contattare Michela Mignano, dottoressa in psicologia comportamentale e cognitiva applicata, su Facebook (Studio “L’albero della Vita”), su Instagram (dottoressamichelamignano) o tramite mail ([email protected]).