La particolarità della Clinica KEIT: gli stilisti della chirurgia estetica

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La particolarità della Clinica KEIT: gli stilisti della chirurgia estetica

Redazione | 10 Maggio 2024

Gli stilisti della chirurgia estetica! Ecco la particolarità della Clinica KEIT sotto la guida del Dottor Skerdi Faria

Il Dottor Skerdi Faria ci parla della complessità della scelta dell’operazione e del tipo di consulenza che la clinica offre ai pazienti prima di decidere
se dare il via libera o meno all’intervento chirurgico.

La Clinica KEIT e la sua particolarità: parla il Dottor Skerdi Faria

Che cosa è importante sapere prima di sottoporsi a un intervento estetico?

Guardarsi allo specchio e piacersi, è fondamentale per stare bene. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che la Salute non consista semplicemente nell’assenza di malattie, ma nel benessere psicofisico dell’intera collettività.

«Non è un capriccio voler migliorare il proprio aspetto fisico – dice il dr. Skerdi Faria, fondatore e CEO della clinica KEIT – Per esempio, in Irlanda il Governo garantisce prestiti a tassi agevolati alle persone che decidono di sottoporsi agli interventi estetici».

Chi è soddisfatto della propria immagine sta meglio con se stesso e con gli altri, si integra più facilmente a livello sociale. La Medicina e la Chirurgia Estetica giocano quindi un ruolo molto importante nel migliorare la qualità della vita, di fatto sono nate proprio per questo.

L’importante è rivolgersi a professionisti esperti, perché anche gli interventi e i trattamenti più semplici, devono essere eseguiti in totale sicurezza.

Certo, e solo se il paziente sta bene.

«Quando in fase di anamnesi riscontriamo problemi cardiaci o di ipertensione o di diabete, per fare solo alcuni esempi, in KEIT rinunciamo all’intervento nell’interesse esclusivo di chi si è rivolto a noi».

E se invece vi arrivano richieste da persone sane, di seni enormi, occhi da gatto, bocche da papera o naso all’insù, come vi comportate?

«Io penso che il chirurgo debba scegliere se essere un sarto o uno stilista. Mentre il primo si limita a tagliare e cucire, il secondo riesce a interpretare, con intelligenza e equilibrio, il gusto estetico non solo del paziente, ma di un’intera generazione. Adesso, soprattutto in Turchia alcuni chirurghi fanno una rinoplastica esagerata che chiamano “Barbie nose”.

Sebbene possa attrarre alcuni clienti, questa tecnica compromette la respirazione e, col tempo, potrebbe risultare eccessivamente artificiale e poco gradevole. Con il passare degli anni, il naso potrebbe non mantenere una armonia con le altre caratteristiche del viso. In KEIT non assecondiamo mai queste richieste per il bene del paziente e per non danneggiare la nostra reputazione».

Il chirurgo estetico deve essere, dunque, anche un po’ psicologo per capire quali siano le motivazioni profonde che spingono una persona a modificare o ringiovanire il proprio aspetto?

«Non solo il chirurgo o il medico. Da noi perfino le coordinatrici sono preparate a gestire l’aspetto psicologico dei pazienti fin dal primo approccio».

Si può dire che la miglior chirurgia plastica sia quella che non si vede?

«In un certo senso sì. Ma oggi tante ragazze tengono che il risultato si veda, perché lo considerano uno status symbol da esibire come fosse una borsa di Hermès. Il nostro corpo è molto più prezioso di una borsa griffata, per questo è necessario informarsi bene prima di sottoporsi a un intervento estetico, valutando rischi e benefici.

Eppure sono in tanti che senza aver mai letto prima dell’intervento un articolo serio o il consenso informato, dove vengono spiegate tutte le procedure e le eventuali complicanze, vogliono farsi operare perché magari hanno visto dei video su TikTok.

Sono d’accordo che se non hai una laurea in medicina è difficile capire tutto quello che c’è scritto nel consenso informato, ma in KEIT siamo a disposizione per chiarire ogni dubbio al paziente».

Ricordiamo che se non si rispettano tutte le indicazioni pre e post-operatorie il risultato estetico può essere compromesso?

«Sì. Sembra una cosa ovvia, ma non mi stancherò mai di ripeterlo!».