Checco Zalone Lino Banfi Novella 2000 n. 18 2023

Copertine Novella

Lino Banfi scrive a Checco Zalone per Novella 2000

Redazione | 20 Aprile 2023

Lino Banfi scrive una lettera di ammirazione e gratitudine all’amico Checco Zalone, che con lui ha contribuito alla pugliesità della risata

La lettera di Lino Banfi a Checco Zalone

Caro Luca, in arte “Checco Zalone”, ti scrivo una lettera aperta perché certe cose meritano di essere conosciute da tutti. Una di queste è la mia stima per te, che hai saputo inventare una comicità della quale non ci sono precedenti. Il tuo umorismo Made in Italy, anzi “fabbricheto in Puglia”, ha ispirato perfino i grandi attori d’oltreoceano, ad esempio il premio Oscar Helen Mirren, la quale ha espresso il desiderio di lavorare con te.

So che non perdi mai occasione per manifestare ammirazione nei miei confronti e per elevarmi a capostipite di “pugliesità”, ma è arrivato il mio turno di dirti quanto sei bravo. E poiché te lo senti ripetere di continuo, te lo devo ribadire alla maniera di Lino Banfi, affinché il complimento non si perda tra i tanti: “sei pazzescamente brevo!”.

Ti ricordi di quando mi hai chiesto di recitare in Quo vado?? “Ma come”, pensai io, “con la carriera che ho alle spalle questo vuole farmi fare la compersa?”.

A convincermi furono le tue dimostrazioni di stima, espresse con frasi come: “Grazie di tutto quello che hai fatto per noi. Sei un maestro”. “Il chezzo”, risposi, “ormai il maestro sei tu”.

Confermo e aggiungo che sei un attore completo, e meriti tutto il successo da cui sei stato travolto. Quando arriverai alla mia età qualcuno di grande ti ringrazierà come tu hai fatto con me.

Comicità originale e pugliesità

Sei un antesignano, perché diciamocelo, a lungo si è parlato di “toscanità” – e a rappresentarla erano personaggi quali Francesco Nuti, Giorgio Panariello e Roberto Benigni -, di “romanità” – portata sulla scena da attori come Alberto Sordi, Aldo Fabrizi e la “Sora Lella” – e anche di “napoletanità” – di cui, come esempio, basti citare Totò. Ma trovami un solo esempio di pugliesità che ti preceda!

Lo so che diresti: “Acciminchia, e Lino Banfi dove lo metti?”. Però tu non mi hai scopiazzato, il tuo stile non rimanda a nessuno che non sia Checco Zalone. Hai attinto sempre e solo da te stesso.

Prenditi il merito dei tuoi trionfi, perché è vero che l’umiltà rende superiori, però è altrettanto fondato che le proprie intuizioni vanno rivendicate.

Vuoi che te lo dimostri? Va bene. Allora, a mia volta mi prendo il merito delle mie genialate, ad esempio quella di sostituire l’italiano con “l’italieno”, quando capii che la “a”, diventando “e” può strappare una risata. Difatti non mi sbagliavo. Anzi, non mi “sbaglievo”.

Oltre a te staranno sorridendo tutti coloro che ci “leggono in copia”.

Hai presente le mie frasi cult “ti spezzo la noce del capocollo”, “ti metto il menisco a tracollo”, ecc.? Le usava mio zio Michele, fratello di papà, per risollevarci quando ci vedeva abbacchiati. E in un attimo tornavamo più allegri di prima.

Ero appena un bambino quando mi ripromisi che, se mai da grande avessi realizzato il sogno di calcare un palcoscenico, mi sarei ispirato all’umorismo di zio Michele.

Non finirò mai di ringraziarlo per aver contribuito a farmi amare dal pubblico italiano.

In difesa di Lino Banfi

Luca, io non dimentico il bene che ricevo, e non ho certo scordato di quando, intervistato dal Corriere della Sera, mi hai difeso da chi considerava di “serie C” i miei primi film. Qualcuno li ha perfino ritenuti sporchi, come se sia possibile dare dello “sporco” a un film in cui attrici come Edwige Fenech e Barbara Bouchet fanno almeno quattro docce in poco più di un’ora… Abbiamo promosso l’igiene, altro che!

Ora quelle pellicole sono considerate “cult movies”, o come checchio si dice!

So che il Presidente del Consiglio ha voluto incontrarti, e che gli hai offerto un pranzo a base di patate e cozze. Buono, tuttavia sai cosa avrei portato io in tavola per Giorgia Meloni? I miei amati ricci di mare.

Quando eravamo sul set di Quo Vado? me ne arrivò una cesta piena, e la tua simpatica mamma, che quel giorno era venuta ad assistere alle riprese, mi tenne compagnia mangiandone, con la grazia di una fatina, la bellezza di 25… Madonna Benedetta dell’Incoroneta!

L’incontro con Aldo Moro

Al menù per il Presidente avrei aggiunto anche un bel purè di fave con la cicoria. E mo’ voglio vedere, se la Meloni resiste a queste prelibatezze! Anche a me, negli anni 70, l’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro volle conoscermi. Ci incontrammo alla prefettura di Bari, dove mi chiesero di declamare in sua presenza una battuta che proponevo durante gli spettacoli: “In Russia, dopo la morte di Stalin, c’è stata la destalinizzazione, in Italia Moro è ancora vivo e c’è già la ‘demoralizzazione'”. Rise da morire, al che gli domandai: “Presidente, vuole che cancelli dal mio repertorio questa battuta su di lei?”. “Ma no, Banfi”, replicò, “le confesso che anche noi, a Montecitorio, facciamo ironia su Fanfani chiamandolo ‘spanna montata’”.

Eh, caro Luca, col mio umorismo pungente ho corso bei rischi. Ma diciamoci la verità, tu sei indomabile tanto quanto me. Anche se non sempre l’irriverenza del sottoscritto ha suscitato allegria…

L’esperienza in seminario e la morte di Lucia

Quand’ero ragazzino volevano che facessi il prete e mi chiusero in seminario. Dopo cinque anni di quella vita non ne potei più, e per convincerli a espellermi mi feci sorprendere a spiare le suore dalla finestra di un convento nei paraggi. Che gioia quando mi cacciarono e finalmente rincorsi l’ambizione di recitare, e soprattutto quella di conoscere l’amore.

Sai, non riesco ancora a rassegnarmi alla morte della mia adorata Lucia, che per lungo tempo ho considerato la mia luce. È dovuta scomparire affinché mi accorgessi che era invece un pannello solare! Una di quelle fonti energetiche che non si interrompe neppure quando ti staccano la corrente, e che dura tanto quanto il sole. Ecco, lei era il mio sole. Forse è per questo che la notte faccio fatica ad addormentarmi: l’idea di vederla tornare di lì a poco mi tiene sveglio, mentre una vocina ripete: a breve sorgerà, aspettala. È un po’ come quando, da ragazzini, attendevamo di rivederci. Solo che adesso, anziché improfumarmi i polsi, mi preparo a riabbracciarla spargendo profumo sull’anima. “Come fai?”, ti starai chiedendo. Prego! Mentre tutto attorno è buio, io prego…

Ho letto che anche tu hai uno strano rapporto con la notte, poiché l’ansia di deludere ti tiene sveglio. Facciamoci una telefonatina quando ti va, e aspettiamo assieme l’aurora, che arriverà a ricordarci che la tua paura di fallire, tanto quanto la mia di aver perso Lucia, erano solo mostri che il giorno mette a tacere.

Ti voglio bene, amico mio fantestico.

a cura di Fabrizio Maria Barbuto