L’ultimo report di Libera rivela una realtà inaspettata

Mentre il mondo conta i giorni che mancano alla cerimonia d’apertura, Milano e Cortina sembrano sospese tra l’entusiasmo della festa imminente e la polvere dei cantieri delle opere. La neve che inizierà a cadere sulle piste non riuscirà però a nascondere una verità che emerge con forza dall’ultimo monitoraggio della rete civica Open Olympics. Il terzo report realizzato da Libera insieme a venti associazioni del territorio scatta una fotografia impietosa di un’organizzazione che corre velocemente ma forse nella direzione sbagliata.

Secondo i dati raccolti fino alla fine di ottobre, soltanto sedici delle novantotto opere totali previste dal piano originale possono dirsi effettivamente concluse e pronte all’uso. Gli analisti sottolineano con preoccupazione che il 57 per cento degli interventi vedrà la luce soltanto dopo la conclusione delle competizioni previste per il febbraio del 2026. Questo significa che i cittadini dovranno convivere con ruspe e transenne ancora per molto tempo, dato che l’ultimo cantiere dovrebbe chiudersi ufficialmente soltanto nel 2030.

Le opere saranno davvero funzionali al cento per cento?

Le indiscrezioni che filtrano dai palazzi della politica suggeriscono un clima di forte tensione tra i tecnici che cercano di accelerare e gli amministratori locali preoccupati. Molti si chiedono se la celebre pista da bob di Cortina o il villaggio olimpico saranno davvero funzionali al cento per cento quando arriveranno i primi atleti internazionali. Nonostante le rassicurazioni ufficiali della Fondazione, il report evidenzia come per ben settantadue opere la data di consegna sia scivolata in avanti durante l’ultimo anno di lavori.

Il nodo della questione riguarda la cosiddetta “legacy”, ovvero l’eredità infrastrutturale che i Giochi dovrebbero lasciare ai territori montani e alle aree metropolitane coinvolte dal grande evento. Ben l’87 per cento dei fondi stanziati finanzia interventi stradali e ferroviari che poco hanno a che fare con la pratica sportiva ma pesano molto sulle tasche pubbliche. Per ogni euro investito negli impianti dove si sfideranno i campioni dello sci, se ne spendono quasi sette per asfalto e binari che forse arriveranno troppo tardi.

I costi delle opere sono lievitati di oltre 150 milioni di euro

I costi sono lievitati di oltre 150 milioni di euro in pochi mesi, con un aumento che ricade inevitabilmente sulla fiscalità generale dello Stato italiano. Le associazioni denunciano una mancanza di trasparenza sui finanziamenti effettivi, definendo “non-dati” molte delle informazioni che dovrebbero essere accessibili a tutti i contribuenti interessati all’opera pubblica. Resta da capire se lo spettacolo sportivo riuscirà a far dimenticare i disagi di una montagna che rischia di restare un cantiere a cielo aperto per un decennio.

Dario Lessa