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Amanda Lear: bella come Bianca Balti, alla faccia delle malelingue

Matteo Osso | 10 Ottobre 2016

Il mistero nasce con lei: è mistero sulla sua data di nascita, che alcune fonti collocano nel novembre del 1939, […]

Il mistero nasce con lei: è mistero sulla sua data di nascita, che alcune fonti collocano nel novembre del 1939, altre nel 1944 e che lei ricolloca nel 1950. E’ mistero sulla sua identità, forse nata Alain, forse nata Amanda. E’ mistero sulla sua vita, da artista di strada a musa di Salvador Dalì, poi modella iconica degli anni 60, compagna di David Bowie e infine pop star e personaggio televisivo dagli anni 70 ad oggi.
Un giorno disse “sono nata la prima volta che mi avete vista in televisione”, sfidando il retrogusto velenoso della domanda sulle sue origini con tutta l’ironia di chi ha l’intelligenza di un ingegnere biochimico e la sensualità di una danzatrice di burlesque.
Ebbene, che gli anni in arrivo siano sessantasei o settantasette poco importa, la carica magnetica di Amanda Lear non ha bisogno dell’anagrafe. E nemmeno le sue gambe, che oggi tornano al centro dell’attenzione facendo parlare di se da un red carpet berlinese.
Titoloni vagamente impuntati di perbenismo si sperticano domandando se sia opportuno ad una certa età esibire le gambe con tanta  sfrontatezza, dimenticandosi che la risposta è solo una: dipende dalle gambe.
Abbiamo ventenni mortadellate cui nemmeno le calze contenitive in cemento armato riescono a dare pubblica dignità e gambe che la natura, o la fortuna hanno disegnato col pennello tracciando una linea sottile e slanciata e consegnandole cosi, nella loro semplice perfezione agli occhi del mondo.
Ecco, Amanda Lear prescinde entrambe le condizioni. Lei può, ha potuto e potrà esibire tutto quello che vuole per una semplice ragione: la sua intelligenza le impedisce di fare la cosa sbagliata; tant’è vero tiene alla grande il confronto con lo stesso trench (disegnato dal suo amico Jean Paul Gaultier) che abbiamo visto indosso a Bianca Balti non più tardi di qualche settimana fa, sul red carpet di Venezia73.
Nulla fu detto, allora, su quanto fosse  o non fosse opportuno indossare un capo di tale fattura.  Oggi si e non perchè la vista sia meno gradevole, ma semplicemente perchè l’anagrafe colloca quelle gambe in un tempo che sembra doverle condannare all’occultazione coatta.
Il mondo e il senso del bello stanno cambiando, e se Sophia Loren  a 81 anni può essere testimonial di un rossetto allora anzichè darsi tanto da fare per processare per direttissima la scandalosa esibizione forse dovremmo ammirare con stupore la capacità di alcune creature in bilico tra l’umano e il divino di prendere il tempo per mano e ballarci il tango, invece di subirne il passaggio con mestizia.
Se c’è un problema, è tutto negli occhi di chi non guarda il bello ma cerca il brutto e, incapace di trovarlo, deve a tutti i costi farne una questione di principio.
God save the Queen (of Chinatown)
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