Nuove analisi sul delitto di Garlasco: nessuna traccia di Dna di Alberto Stasi, dubbi sul Dna attribuito ad Andrea Sempio. Cosa emerge

Una sola certezza emerge con chiarezza: non c’è alcuna traccia genetica di Alberto Stasi. Tutto il resto resta nel campo delle probabilità, a partire dal Dna individuato sulle unghie di Chiara Poggi, che potrebbe appartenere ad Andrea Sempio. È questo il quadro che, al termine di un incidente probatorio durato mesi, viene ora consegnato alla Procura di Pavia. Sul delitto di Garlasco cala una luce nuova, ma non definitiva. Dopo mesi di incidente probatorio, una conclusione si impone su tutte: sulla scena dell’omicidio non c’è alcuna traccia genetica di Alberto Stasi.

 

È un dato netto. Molto meno netto, invece, è ciò che riguarda Andrea Sempio. La perizia della genetista Denise Albani, ora nelle mani della Procura di Pavia, indica che il Dna rinvenuto sulle unghie di Chiara Poggi è statisticamente compatibile con quello di Sempio, con una probabilità di gran lunga superiore rispetto a qualsiasi altro soggetto. Ma la scienza, da sola, non basta a fare una prova. La stessa perita ammette infatti un limite decisivo: non è possibile stabilire come, quando e in che modo quel Dna sia finito sulle mani della vittima. Contatto diretto o indiretto, sopra o sotto le unghie, durante un’aggressione o in un momento precedente: tutto resta indeterminato, anche a causa di errori commessi nelle analisi originarie. Ed è su questo vuoto che la difesa di Sempio costruisce la sua linea: un indizio che, giuridicamente, non regge.

Un possibile trasferimento accidentale, Chiara che tocca un oggetto maneggiato dall’amico del fratello, frequentatore abituale della casa. Ipotesi plausibile, dicono i legali, ma impossibile da dimostrare in un senso o nell’altro. C’è poi un altro punto fermo, già scolpito nelle sentenze passate: Chiara Poggi non si difese.

Nessuna colluttazione, nessuna lotta. Un dettaglio che, secondo i legali della famiglia Poggi, svuota di significato il Dna sotto le unghie e rende pericoloso attribuirgli un valore che la scienza stessa non certifica. Ora resta un verbale che diventerà prova nel nuovo procedimento. Un documento che non chiude il caso, ma lo complica. Perché a Garlasco, ancora una volta, la verità giudiziaria sembra muoversi sul confine sottile tra ciò che è scientificamente possibile e ciò che è realmente dimostrabile.