Di Umberto Mortelliti

Fernando Proce, conduttore di Procediamo su R101, festeggia un compleanno così importante, raccontandosi, sempre con la solita energia e positività che lo contraddistingue. Il suo grazie, con molta umiltà, va ai suoi ascoltatori, che gli hanno permesso di realizzare il suo sogno

Si è trattato più che di un gala, di una vera e grande festa incredibile per i 60 anni di Fernando Proce, che è considerato da Paolo Salvaderi, forse l’uomo più potente della radio in Europa, il dj più amato in Italia. Per questo, Proce ha voluto intorno a sé tutti i suoi più grandi amici, tantissimi, ederano presenti, tra gli altri, anche Cristiano Malgioglio, il regista Roberto Cenci, oltre a imprenditori, giornalisti e ovviamente le star della radio. La festa si è tenuta al 55 di via Piero della Francesca a Milano, che è di proprietà del famoso medico Giovanni Macrì. Gli amici hanno festeggiato con Proce fino all’alba, ha fatto molta impressione e insieme divertimento l’entrata in scena su un vero e proprio palco di Proce, che si è fatto portare dentro a una bara, fingendo di rifiutare i suoi 60 anni. Lo abbiamo raggiunto per fargli gli auguri e per farci raccontare la sua carriera, i suoi stimoli quotidiani (se ancora pulsano dopo mezzo secolo passato in radio). Ma anche di interessanti progetti che prenderanno forma nel 2026

Ph Sergio Sepiello

Insomma, mi pare di percepire che non vuole assolutamente accettare il fatto di aver compiuto 60 anni…

«Eh no, a un certo punto devo farlo. La celebrazione di questo evento è stata molto ironica (ride, ndr), ma d’altronde siamo degli eterni Peter Pan, non ci accorgiamo che il tempo passavelocemente».

Una somma considerevole, qual è il bilancio di questo anniversario così importante? Cosa è riuscito e cosa invece è riuscito meno in questi anni?

«Tutto straordinario e meraviglioso, come un bel film. Tant’è vero che ne faremo uno… Una vita dedicata esclusivamente alla radio: sono entrato a 10 anni, in un programma per bambini, e ci sono rimasto per 50. Ho cantato, scritto, fatto di tutto. Nonostante tutto, non è cambiato nulla: c’è ancora lo stesso entusiasmo».

Ph Sergio Sepiello

Di che film si tratta?

«Ci stiamo lavorando da un paio d’anni. Siamo alla fase del cast e stiamo completando la sceneggiatura. È un film ispirato alla mia storia. Racconta la storia, ambientata nel Sud Italia,di questo bambino che viene rapito dalla radio, ma i genitori e le persone vicine tendono ad allontanarlo, perché non comprendono il significato che ha per lui. Un sogno spezzato che provoca dolore e sofferenza. Entro il prossimo anno vedrà la luce. Ma ci sono tante altre cose, tanti altri progetti».

È vero che i festeggiamenti sono andati avanti fino all’alba, che cosa è successo durante la serata? Quante persone sono state invitate?

«I festeggiamenti sono durati addirittura tre giorni, ho voluto riunire la gente a me vicina e con cui ho lavorato in questi anni: tutti i colleghi delle radio. Bello, emozionante, c’erano le mie figlie, che mi hanno fatto leggere delle cose bellissime e mi hanno commosso. C’erano 200 invitati a cena, poi sono arrivate altre persone. Uno show durato circa 5 ore, grazie a una partecipazione corale, con Cristina D’Avena, Piero Billeri, sassofonista, il mio braccio destro musicale. Con lui ho una società che produce artisti, performer particolari».

 

Esperti del settore la riconoscono come il conduttore radiofonico più amato d’Italia, un riconoscimento importante.

«Io sono un umile addetto ai lavori. Ho questa particolarità rispetto agli altri: sono il più giovane dei vecchi, come Linus e Marco Galli, decani della radio. Non sono assolutamente influente, la radio è l’unico elemento che mi tiene vivo. Sono un testimone diretto di questa radio (quella privata, ndr): l’ho vista, anche manualmente, nascere e affermarsi. Noi ci trovavamo anche le valvole per i trasmettitori e le antenne. Un mondo completamente diverso».

Quali sono i consigli da dare a un giovane che inizia in radio. Su cosa deve puntare.

«Oggi, i contenuti radiofonici vengono confusi con i podcast. Per fare radio, ci vuole una preparazione musicale, positività, ottimismo, trasmettere passione ai propri ascoltatori. Una preparazione che va dalla politica all’attualità. Ma soprattutto, il conduttore radiofonico deve essere un amico. Una persona di cui ti fidi».

Al contrario di media come tv, editoria, cinema, la radio sembra non aver perso il suo smalto. Come mai e cosa si aspetta in futuro?

«Anche la radio è andata un pochino in affanno. All’epoca, 60 anni fa, la davano per spacciata.Chiamarono Renzo Arbore a salvarla, con un programma rivoluzionario. Oggi Youtube, Spotify si vogliono sostituire ad essa. Ma la radio è una cosa diversa: è una palestra, di professionalità, dicapacità di comunicare. Ma secondo me, è anche un dono naturale. Un’alchimia particolare fatta dienergia, positività, oltre alle competenze».

C’è qualcuno a cui vuole dire grazie?

«Gratitudine nei confronti degli ascoltatori. Quando raggiungi questo traguardo, 50 anni di radio, non puoi che ringraziare chi ti ha accompagnato e sostenuto fino ad oggi in questo lungo viaggio».

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