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Studio Minolfi: il diritto all’oblio e il caso Sara Tommasi

Redazione | 14 Aprile 2021

Il diritto all’oblio e il nuovo reato di Revenge Porn: come e quando intervenire a difendere la propria reputazione come Sara Tommasi

Immagine, onore e reputazione sono beni fondamentali che oggi, con la tecnologia, si delineano anche online, attraverso messaggi, foto e video social. Attenzione: far circolare foto e video in Rete può essere pericoloso.

Facciamo un video, lo mandiamo ad amanti, amici o parenti che a loro volta possono inviarlo ad altri. Così ci sfugge il controllo di quelle immagini.

Se il contenuto è “innocuo”, nessun problema. Ma se il contenuto è “delicato”, magari destinato a rimanere riservato, la cosa si complica.

Foto e video più “delicati” sono quelli intimi, dai risvolti hot, magari girati quando una relazione di coppia infuocata è nel vivo, e condivisi col partner. Ma poi, quando la relazione finisce (magari male), sorgono problemi. Il partner, avvelenato dalla separazione, può usare male quei video e quelle foto hot che ancora possiede, può farli circolare tra amici, in Rete. Così, il protagonista delle immagini può essere rovinato nella sua reputazione.

Cos’è il Revenge Porn

Casi di questo tipo ne sono capitati tanti: Sara Tommasi ne è stata vittima, ce ne ha messo di tempo e di battaglie per riscattarsi e fare in modo che la sua immagine compromessa venisse dimenticata, a favore di quella nuova (ora si sta lanciando come cantante ed è euforica per il suo recente matrimonio col manager Antonio Orso).

Il caso più eclatante è probabilmente quello di Tiziana Cantone, ragazza napoletana che si è suicidata nel 2016 per la vergogna di vedere sue foto e video hot circolare in Rete. Il caso della Cantone è stato così drammatico da portare in Italia al riconoscimento (dopo un lungo dibattito) di un nuovo reato: il Revenge Porn, introdotto con la legge del luglio 2019.

È importante sapere che, se un uso distorto o un abuso di foto o video diffusi in Rete crea pregiudizio, la vittima può tutelarsi.

Il nostro ordinamento prevede precise forme di difesa: una civile, che tutela il diritto all’oblio, l’altra penale, per punire il nuovo reato di Revenge Porn.

Cos’è il diritto all’oblio

Il diritto all’oblio è il diritto a essere dimenticato, e travalica i confini nazionali. Infatti, l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo garantisce il diritto della persona alla riservatezza della propria vita privata e familiare.

A livello italiano ritroviamo il fondamento giuridico di questa disposizione nell’art. 2 della Costituzione, che tutela i diritti fondamentali della persona, e nell’art. 10 del Codice Civile che riconosce alla persona, la cui immagine è stata violata, il diritto non solo di ottenere la cessazione dell’abuso, ma anche il risarcimento dei danni conseguenti al pregiudizio subito al decoro e alla reputazione.

Il diritto all’oblio è una sorta di “diritto ad essere offline”. Riguarda immagini, video e anche informazioni (per esempio, una persona condannata dieci anni fa per un qualsiasi reato, ha diritto, se si è rifatta una vita, diventando imprenditore di successo, a non veder più citata la condanna del passato).

Come agire caso per caso

Cosa fare se informazioni, video o foto del passato vengono diffusi e pubblicati senza il consenso del diretto interessato, arrecando pregiudizio? Premesso che è sempre bene rivolgersi a un professionista per vagliare le criticità del singolo caso, in generale chi ha subito un pregiudizio può nell’ordine:

  • presentare istanza di cancellazione al responsabile del trattamento dei dati personali (per es. Google), che è tenuto a rispondere entro un mese.
  • presentare reclamo all’autorità Garante per la Privacy ai sensi del cosiddetto Codice della Privacy, per chiedere un provvedimento verso il responsabile del trattamento (ad es. Google) affinché rimuova i contenuti lesivi. Il Garante, se il responsabile del trattamento dei dati personali non dovesse rimuovere le informazioni, nel giro di pochi mesi emetterà un provvedimento con cui lo obbliga alla rimozione dei contenuti.
  • presentare ricorso alla competente Autorità Giudiziaria (ad es. Tribunale), per chiedere la cancellazione del contenuto lesivo e ottenere il risarcimento del danno. Il ricorso giurisdizionale e il reclamo al Garante di solito sono alternativi: il reclamo al Garante non può essere proposto se, per lo stesso oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l’autorità giudiziaria e, viceversa.

Il Revenge Porn si aggiunge alla tutela in sede civile, e garantisce tutela in sede penale per ottenere la condanna del colpevole. Punisce la diffusione o pubblicazione solo di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso del diretto interessato.

Il colpevole rischia il carcere da uno a sei anni, e una multa da cinquemila a quindicimila euro. La pena può essere aumentata se, per esempio, le immagini hot vengono fatte circolare dal partner-coniuge o ex partner-coniuge. La vittima deve però presentare querela entro sei mesi.

a cura di Eloisia e Luana Minolfi