Resente Novella 2000 n. 18 2023

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Studio Resente: impariamo dal caso Enzo Tortora

Redazione | 19 Aprile 2023

L’intervista a Gaia, figlia di Enzo Tortora, stimola in Alessandro Resente una riflessione sulle falle del sistema giudiziario e della stampa

Questo è l’articolo che sicuramente mi è costato di più come fatica, nel tentativo di far capire l’importanza di quello che desidero trasmettere e far riflettere chi mi legge, per arrivare ad attuare quelle riforme e quelle leggi necessarie a rendere più giusto il nostro Paese, e non solo.

La mia riflessione nasce dall’intervista fatta da Mara Venier alla figlia di Enzo Tortora, Gaia, in occasione della pubblicazione del suo libro Testa alta, e avanti, che ripercorre l’assurda vicenda giudiziaria che ha dovuto subire ed affrontare il grande presentatore, per poi essere assolto ma dopo poco, perché certi dolori e ingiustizie distruggono e io ne sono convinto, è morto per un tumore nel 1988 a soli 59 anni.

Una vicenda che mi ha fatto ritornare indietro nel tempo. A casa mia nessuno ha mai avuto un dubbio sulla sua innocenza. Per mia mamma era diventata veramente una battaglia, tanto da volermi fare scrivere una lettera di solidarietà, una maniera per far sentire che la gente era con lui. Un sostegno, un desidero di trasmettergli forza.

Le ombre della giustizia italiana

Ma da questa situazione emergono due aspetti: uno che tutta la vicenda è stata manipolata, organizzata dalla magistratura e dai pubblici ministeri, una costruzione di accusa e colpe fatta a tavolino, e poi la stampa.

Solo Feltri, allora giornalista del Corriere della Sera inviato a seguire il processo, aveva letto gli atti, scoprendo immediatamente l’incongruenza e la falsità di certe accuse e delle prove.

Alla prima sentenza di condanna tutti i giornalisti, più di venti, applaudirono nell’aula del tribunale perché giustizia era fatta. Allora come vedete i colpevoli sono due: i magistrati e i PM, e i giornalisti.

Le statistiche dicono che ogni giorno in Italia tre innocenti vengono arrestati o messi ai domiciliari da innocenti, con grandi titoloni sui giornali e poi, spesso dopo anni, riconosciuti innocenti con indennizzi ridicoli, ma con davanti a loro una vita distrutta e non più in grado di ripartire.

È qualcosa di drammatico, di inconcepibile e inaccettabile, in un Paese democratico. Si combatte per stupidaggini, per questioni ridicole, e non si combatte per questo.

Sentire le parole di Gaia Tortora, quando sottolineava i sorrisi interrotti, e Vittorio Feltri che spiegava le prove palesemente false, mi hanno fatto scendere – lo ammetto – le lacrime. E ho veramente pianto.

Siamo in presenza di una giustizia, e anche di politici, che tutela e dà il massimo garantismo alle famose borseggiatrici di Milano, il peggiore biglietto da visita della capitale economica d’Italia, agli spacciatori.

Non si può rovinare, distruggere la vita di una persona per un errore, per non aver fatto delle indagini corrette, e nessuno paga. La vita è una, e tutti dobbiamo avere il rispetto per la vita degli altri, nel dubbio meglio lasciare liberi, ripartire dopo certe accuse è difficile se non impossibile.

Sistema giudiziario e politica

Mi ha colpito il fatto che poi uno dei PM abbia fatto sia a Gaia Tortora sia a Vittorio Feltri le scuse per pulirsi e mettersi in politica. Che coraggio… senza dignità! E questo è un altro aspetto: la giustizia non deve fare politica. Guardate quello che spesso accade in Italia e quello che si sta verificando negli Stati Uniti, dove hanno letteralmente spaccato in due un Paese!

La democrazia si esprime attraverso il voto, non rovinando il candidato. E qui entra la corretta informazione.

Mi ricordo benissimo che, quando è stato eletto Trump, quasi tutti i quotidiani italiani, oltre che i conduttori e gli ospiti delle famose trasmissioni televisive schierate, davano come vincitrice la Clinton con scarti abissali, mentre negli USA si dava quasi certa la vincita di Trump in quanto Obama, dati certi e riconosciuti da tutti, aveva rovinato l’economia.

Caso strano, ma pochi hanno approfondito le questioni collegate al figlio di Biden in Ucraina.

La stampa deve dare una corretta informazione, si devono raccontare le cose nella maniera giusta e precisa. Chi non rispetta le regole base dell’informazione, quando ci si rende conto che dà notizie non corrispondenti alla realtà dei fatti oppure le manipola, deve essere sospeso.

Guardate lo scandalo legato a certi politici della UE e il Qatar. Poco si parla, ma tutti ne abbiamo capito la gravità. Certo: si metterebbe in discussione il senso dell’Unione stessa, ma il diritto delle persone non può essere calpestato per interessi superiori.

I nostri nonni, i nostri genitori hanno combattuto per la democrazia. Si parla sempre di antifascismo ma questa non è una forma peggiore di dittatura, nascosta, celata, non detta, quasi come una pubblicità subliminale?

Uno che sceglie la carriera di giudice deve farlo in maniera consapevole, considerando anche le responsabilità che dovrà assumersi. E se sbaglia dovrà pagare.

I giudici che hanno in primo grado condannato ingiustamente Tortora, come hanno pagato? Sanno di aver distrutto una persona, una famiglia? Forse avrebbero dovuto provare in prima persona quello che gli hanno fatto passare: i giorni di carcere, l’immagine e la professionalità messe in discussione, il rapporto con i propri cari!

Ma ci rendiamo conto? E quante volte, in determinati processi, invece, sentiamo le urla dei familiari per assoluzioni assurde, dove le prove erano certe ma c’era l’inghippo, e allora il colpevole viene messo in libertà?

E poi, processi rinviati di mesi e anni. Ma sappiamo come vivono i familiari degli innocenti o quelli che attendono giustizia? E la stampa dovrebbe essere in prima linea a combattere per i diritti…

Antifascimo e democrazia

Basta sempre parlare di antifascismo! Parliamo di democrazia, facciamo un passo avanti. Finiamola con le crociate volte solo a imporre un’ideologia… Ricordiamoci anche dei gulag sovietici!

Quello che tutti dobbiamo perseguire – e qua non c’entrano assolutamente le idee politiche – è il bene delle persone, garantendo a ognuno i propri diritti all’interno di un concetto di libertà basato sul rispetto e sulla convivenza, dove la giustizia deve ricercare la verità dando le giuste condanne. Per questo è necessaria la responsabilità personale dei giudici, e nel caso cercando di migliorare le leggi.

Pensiamo alle borseggiatrici continuamente libere, che si vantano di rubare più di 1.000 euro al giorno: si dovrà porre fine a questo male, così ad altri.

Nello stesso tempo la stampa, i giornalisti, devono essere meno faziosi, fornire un’informazione trasparente, corretta, e essere in prima linea per una società migliore, fare le inchieste per approfondire e completare. Per questo voglio veramente complimentarmi con la redazione delle Iene, per il lavoro non semplice che stanno facendo ma che dimostra certi errori.

A tal proposito, per molti rimane il dubbio della colpevolezza di Bossetti, perché non è stata consentita la verifica di una prova. Ma perché, che timore avevano i giudici? Se erano certi della sua colpevolezza non dovevano avere il minimo dubbio nel consentire la verifica. Così come si sono date riduzione di pena a falsi pentiti (non voglio fare i nomi, gente che ha ammazzato), o permessi, invece a Vallanzasca no, soprattutto perché è stato coerente con se stesso e non si è dichiarato, in maniera falsa, pentito!

Evitiamo che il pentimento sia solo uno strumento per ridurre o evitare le pene. Troppi sono stati i furbetti (vedi anche nel caso di Tortora).

Spero quindi che molti riflettano su questo, e si possa iniziare il cammino verso un Paese migliore!

a cura di Alessandro Resente