1963/1967 Mina: Il ritorno della tigre in vinile Mina risplende di nuova luce, tra restauri d’autore, immagini inedite e pura eleganza senza tempo

C’è un nuovo appuntamento con la Storia — quella scritta in vinile, con voce, anima e imperfezioni che sanno di carne viva. Si chiama “1963/1967 Mina”, il doppio album in uscita proprio oggi 7 novembre, segna il ritorno della Signora assoluta della musica italiana. Non una semplice raccolta, ma il primo capitolo di un progetto monumentale che riporta alla luce i capolavori di quegli anni irripetibili, restaurati con una cura maniacale e risplendenti di nuova luce.

Il restauro degli anni Sessanta

È un viaggio dentro gli anni Sessanta, quelli in cui il Paese sognava a colori, le radio esplodevano di swing e Mina diventava, disco dopo disco, qualcosa di più di una voce: un’icona. “Nel 1963 Mina ha solo 23 anni, ma è già avanti di decenni,” racconta Massimiliano Pani, figlio dell’artista e anima pulsante della PDU, l’etichetta indipendente fondata nel ’67 da Giacomo Mazzini. “In quei cinque anni costruisce un repertorio eccezionale: classica, jazz, pop, rock, sacra… tutto senza confini.”

Un progetto (anche) visivo

Un’epoca che oggi torna a vibrare grazie a questo lavoro filologico e affettuoso, dove ogni traccia è una fotografia sonora restaurata, una carezza al tempo. L’album — il centosedicesimo della sua carriera — continua la saga delle grandi raccolte, anticipato da singoli come “Settembre”, che hanno già riportato Mina in cima alle playlist e nei cuori. Ad arricchire il progetto, un apparato visivo inedito curato da Mauro Balletti, storico collaboratore dell’artista: scatti mai visti, dettagli rubati, eleganza pura.

È la formula segreta di Mina — una leggenda che non si lascia archiviare, ma si custodisce. Perché certi suoni non passano: restano, e insegnano ancora come si fa ad essere moderni senza tempo.

A cura di Alba Cosentino

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