Familiari, conoscenti e cittadini tornano a chiedere dignità e verità a quattro anni dalla scomparsa di Liliana Resinovich

Un caso ancora senza risposte

A quasi quattro anni dalla scomparsa di Liliana Resinovich, la vicenda rimane priva di certezze. Il susseguirsi di ipotesi, elementi controversi e testimonianze poco attendibili non ha portato a una conclusione chiara, lasciando familiari e cittadini in un limbo che sembra non avere fine. Tuttavia, attorno al caso continua a muoversi un gruppo determinato a mantenere viva l’attenzione pubblica.

Il presidio dell’11 dicembre davanti al tribunale

Fra le iniziative organizzate in vista dell’anniversario, è previsto un sit-in davanti al palazzo di giustizia di Trieste. L’appuntamento è fissato per l’11 dicembre alle 9 del mattino e nasce dall’esigenza di sollecitare un intervento più tempestivo da parte delle autorità giudiziarie, in un’indagine che da anni procede senza svolte decisive.

Il volantino e l’appello alla verità

La manifestazione è stata promossa da Gabriella Micheli, ex vicina di casa della donna, da sempre critica verso l’ipotesi del suicidio. Nel volantino diffuso nelle scorse ore, si legge un messaggio chiaro: le domande sul destino di Liliana restano aperte, e una giustizia lenta rischia di penalizzare le vittime e favorire chi ha responsabilità ancora non chiarite.
Il testo insiste anche sul valore della memoria: la vicenda non è mai stata dimenticata e la richiesta di verità continua a essere un’urgenza condivisa.

Quattro anni di attesa

La scomparsa di Liliana risale al 14 dicembre 2021. Da allora, l’assenza di risposte chiare ha alimentato frustrazione e dolore nella comunità. Il sit-in dell’11 dicembre non rappresenta soltanto un gesto simbolico, ma un modo per ribadire che la richiesta di verità non può essere rimandata ancora. Per i familiari, per chi l’ha conosciuta e per chi segue la vicenda da semplice cittadino, la giustizia non può continuare a lasciare aperta una ferita che da anni attende di essere sanata.

 

La morte di Liliana Resinovich continua a essere avvolta da molte incertezze, soprattutto per le conclusioni contrastanti delle due autopsie. La prima, eseguita l’11 gennaio 2022, avrebbe indicato un soffocamento volontario, sostenendo quindi l’ipotesi del suicidio. La seconda, invece, avrebbe evidenziato segni compatibili con un’aggressione: contusioni alla testa, lesioni sul corpo e una frattura della vertebra T2, elementi che farebbero pensare a un omicidio.

Nonostante ciò, la Procura di Trieste inizialmente aveva richiesto l’archiviazione, sposando la pista del suicidio. Gli sviluppi investigativi successivi hanno portato ad aprire un fascicolo per omicidio, con un unico indagato: proprio il marito di Liliana. Nel corso delle perquisizioni nella sua abitazione sono state sequestrate lame e strumenti utilizzati nell’attività di arrotino, materiale ora al vaglio degli inquirenti.