Don Davide Banzato scrive per noi, il 2026 ci può cambiare
Le parole di Don Davide Banzato
Sant’Agostino e Papa Leone ci ricordano che, in tempi difficili, servono coraggio e cuore. Non possiamo cambiare tutto, ma il modo di vivere gli eventi. I tempi diventano buoni se li rendiamo noi tali. Ce ne parla Don Davide Banzato.
Il 2026 ci può cambiare, parla Don Davide Banzato
Alla fine di ogni anno torniamo puntualmente a fare bilanci e a formulare auguri. È quasi un rito collettivo: “Che il prossimo sia migliore”. Negli ultimi anni, però, questo augurio si è fatto sempre più timido, quasi trattenuto. Dopo il tempo del Coronavirus ci siamo detti: “Peggio di così non può andare”. E invece una guerra dopo l’altra, crisi economiche, tensioni sociali, divisioni profonde ci
hanno costretto a rivedere le nostre certezze.
E poi ognuno di noi ha le sue delusioni, i suoi lutti, le sue fatiche per sbarcare il lunario o per rimanere a galla. Brindiamo alla fine di un anno difficile, ma forse più disillusi o timidi nell’invocare il meglio. È un po’ triste, in fondo. La speranza è l’ultima a morire, ma sembra sia morta, o almeno in vacanza da lungo tempo e in anticipo.
Oggi, più che sperare, sembriamo avere paura: paura che il nuovo anno possa andare ancora peggio. Per questo il tema del coraggio è tra le prime riflessioni che ho cercato di affrontare e divulgare, perché oggi, per vivere davvero e non subire la vita, per amare e respirare a pieni polmoni, ci vuole davvero coraggio.
L’etimologia della parola “coraggio” è proprio questa: avere un cuore e agire con il cuore. Penso sia l’augurio più grande che possiamo farci per acquisire e riacquistare speranza in noi stessi e dinanzi a un mondo che sembra impazzito, andare a rotoli, indifferente, insensibile e abituato al male a tal punto che non c’è mai fine al peggio.
Sì, viviamo tempi difficili, segnati da guerre, instabilità, polarizzazioni che non permettono dialogo nel merito, senza doversi sentire asfaltati, etichettati e respinti. Sono tempi che non aiutano a guardare avanti con fiducia e a dialogare. Papa Leone XIV, citando Sant’Agostino, di cui è figlio, ha ricordato le parole di una lucidità disarmante del grande Padre e Dottore della Chiesa: «I tempi possono essere difficili, ma se viviamo bene i tempi, i tempi saranno buoni. Perché i tempi siamo noi».
È una frase che sposta radicalmente il punto di vista. Non sono solo gli eventi a determinare la qualità del tempo che viviamo, ma il modo in cui li attraversiamo. I tempi siamo noi. Siamo noi che plasmiamo i tempi. In che senso? Possiamo cambiare gli eventi? Cosa possiamo fare dinanzi al male del mondo e al male che, nel nostro quotidiano, bussa alla nostra porta?
Forse possiamo cambiare prospettiva. Forse il problema più grande non è ciò che accade, su cui non abbiamo potere, ma le aspettative che coltiviamo. Le aspettative deluse generano frustrazione, rabbia, disillusione. Pensiamo che la felicità dipenda da condizioni esterne favorevoli, da anni “facili”, da circostanze ideali. Ma la storia – personale e collettiva – ci insegna che questi anni
perfetti non esistono.
Non è vero che stavamo meglio una volta. Non si stava meglio. Le condizioni
erano diverse e forse peggiori: pensiamo ai nostri nonni che facevano la fame. È che avevano un modo di vivere con cui affrontavano, con cuore e coraggio, le grandi sfide quotidiane. Erano uniti, sostenuti da valori, capaci di fede, fiducia, speranza, altruismo, spirito collettivo, dialogo, coraggio.
E allora forse il cambiamento più urgente non è fuori di noi, ma dentro.
Forse è vero: non possiamo decidere gli esiti di una guerra lontana che ormai percepiamo vicina. Ma possiamo disarmare le parole e i cuori là dove nascono le parole: in famiglia, con i vicini, sul posto di lavoro. Lì dove viviamo possiamo fare la differenza. E non abbiamo scuse.
Forse è vero: alcuni errori sono rimediabili, altri no e non possiamo recuperare il tempo perduto, ma possiamo farci prossimi a chi ci è accanto ed essere noi la risposta alla sua solitudine. Come scriveva Madre Teresa «non possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore».
È da qui che nasce un tempo nuovo: dal fare tutto ciò che è in nostro potere là dove viviamo e dal porci con uno sguardo nuovo sulla realtà, a partire dallo spazio di libertà che abbiamo. E penso ai santi: non sono partiti dal cambiare la storia, ma dal convertirsi, dal cambiare se stessi e poi hanno cambiato la storia.
Il cuore del messaggio del Vangelo è tutto qui. La fede non elimina i problemi, ma dona la forza per affrontarli. Non promette una vita senza croce, ma una vita attraversata dall’amore. Gesù non è venuto a cambiare magicamente la realtà, ma a insegnarci a guardarla in modo diverso e a viverla nella logica del dono.
Forse l’anno nuovo non sarà più facile. Ma può essere più vero. Più umano. Più abitato da gesti di pace, di attenzione, di responsabilità. E allora sì, anche in tempi difficili, il tempo può diventare buono. Perché i tempi, in fondo, siamo noi.
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