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Grande Fratello Vip: Clemente Russo e i compagni di merende

Matteo Osso | 26 Settembre 2016

Clemente Russo Grande Fratello Vip

La notizia non è nuova, e non è nemmeno più una notizia: Clemente Russo non vincerà il nobel per la […]

La notizia non è nuova, e non è nemmeno più una notizia: Clemente Russo non vincerà il nobel per la fratellanza.
 Accade qualche giorno fa, quando il noto intellettuale in guantoni in un momento di raro buon gusto ha pensato bene di deridere il collega Bosco per la sua omosessualità attribuendogli il nomignolo di “friariello”.
Due le intuizioni geniali: la prima è la soddisfazione maligna di giocare sull’equivoco vegetale-alimentare (torna nell’aria il profumo amaro di quel finocchio che, arso sui roghi inquisitori insieme al malcapitato di turno, ancora oggi identifica un’intera categoria) la seconda è la consapevolezza della impossibilità di Bosco di comprendere la becera ironia in quanto straniero e quindi non del  tutto padrone della lingua italiana. E su questo punto vittima e carnefice giocano ad armi pari.
Ma la cosa interessante non è l’antefatto.E’ l’assenza di reazioni in merito.  Clemente Russo non ha rivelato di sé nulla che non avessimo intuito o sospettato: propensione alla lettura dei grandi classici della letteratura prossima allo zero assoluto, senso estetico sofisticatamente ispirato a quello del boss delle cerimonie, sopracciglia disegnate col goniometro, occhiale sponsorizzato, assenza di congiuntivi,  autostima ai massimi livelli, un monumento al testosterone fine a se stesso: la solita storia ormai bollita e ribollita del ragazzo di strada che attraverso lo sport vince sul male.
Beh, c’è male e male. Se il male è quello della vita, appunto, di strada, certamente la guerra è vinta. Ma se per male intendiamo l’arroganza sprezzante di chi pensa che avere avuto un pubblico sia un merito, e che si sente nel pieno diritto di calpestare l’altrui dignità nel nome di un umorismo cantato sulle stesse note del bulletto di quartiere che deve affermare la propria superiorità attraverso la vessazione, allora la guerra non è nemmeno iniziata.
E’ una resa incondizionata a tavolino.
Ancora più tristi sono le circostanze e i circostanti: personaggi che nella migliore delle ipotesi hanno avuto “friarielli” come collaboratori, mentori, protettori, assistenti, truccatori, consiglieri, in ultima analisi amici capaci di ascoltare i loro deliri di onnipotenza e appianare le loro spigolosità, e che tutto d’un tratto si scoprono sagacemente divertiti nel ridacchiare per la grande battuta.
Per non parlare di chi, potendo intervenire in modo deciso, ha scelto di chiudere non un occhio ma entrambi. Perchè un’imprecazione che può offendere il sentimento religioso del pubblico va punita con l’espulsione immediata, ma dei sentimenti dei ragazzi che sono a casa nel piccolo mondo delle loro camerette e nel grande silenzio in cui troppo spesso ancora oggi sono costretti, nel dolore di esistere che tormenta l’anima di chi è ancora troppo giovane e troppo debole per riuscire a sorridere, di quei cuori che per un momento hanno smesso di battere, a qualcuno importa qualcosa? Eppure anche quelli fanno share…
Ecco gli ingredienti della serata: prendete un etto di conduzione, aggiungete un pizzico di buonismo, due gocce di succo politicamente corretto, una manciata di tirate d’orecchio. Mescolate senza agitare, condite con una spruzzata di pentimento, una noce di sguardi bassi e qualche goccia di reazione indignata. Servite freddo e cambiate canale.