Resente Novella 2000 n. 37 2021

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Studio Resente: preserviamo qualità e tradizione tutte italiane

Redazione | 1 Settembre 2021

Bisogna preservare qualità e tradizione del Paese, per evitare che all’estero copino i prodotti italiani: il punto di Alessandro Resente

Non trasformate la pasta

Amo il made in Italy, amo i prodotti italiani, amo la cucina italiana, amo l’Italia e penso di avere ben trasmesso questo amore nella mia rubrica. Sono stato però molto sorpreso nel vedere su Instagram che una tra le più note aziende italiane commercializza negli Stati Uniti confezioni monouso di pasta, per cui bastano 60 secondi di cottura nel microonde ed è pronta da condire.

Per me è qualcosa di inaccettabile, soprattutto da un marchio che specialmente nelle sue pubblicità ha sempre evidenziato la tradizione, il senso della famiglia e il rito del pranzo con i bei piatti di pasta.

Noi dobbiamo essere uniti e forti per trasmettere la nostra cucina. Il piacere di un buon piatto di pasta è un insieme di elementi che vanno dalla giusta cottura ai condimenti alla condivisione in compagnia.

Le politiche commerciali non devono essere quelle che dominano tutto. Bisogna avere una visione più a lungo termine.

Un’azienda che deve il suo successo mondiale al fatto di essere italiana e ai suoi prodotti, elementi fondamentali della nostra dieta, deve promuovere la nostra cucina e non scendere a compromessi commerciali.

Piuttosto, che cerchi di dare ancora maggiore qualità alla sua pasta con una maggiore attenzione alle materie prime!

Il palato si raffina

I consumatori stanno diventando sempre più esigenti, e sono costantemente alla ricerca di pasta di qualità scambiandosi le informazioni e le esperienze, perché le migliori sono buone anche senza sughi e condimenti.

Noi in questo momento dobbiamo essere attenti e promuovere appieno i nostri prodotti. Dobbiamo utilizzare solo materie prime italiane, come il latte e il grano, perché queste fanno la differenza, e soprattutto tramettere il nostro stile e la cucina.

A tal proposito, vorrei raccontarvi dell’esperienza avuta alcune sere fa a una cena di degustazione. Uno dei cuochi era anche ambassador per la stessa azienda di pasta, per combattere le emissioni di CO2.

Apprezzabile, se ci fosse una coerenza di base e non vai a immettere sul mercato dei prodotti come quelli sopra descritti!

Comunque, ritornando alla cena sono rimasto sconvolto da come questa ricerca sia solo in grado di distruggere la nostra cucina a favore di piatti per lo più vegetariani, che non danno alcuna emozione e soprattutto senza gusto.

Nel nome di tradizione e qualità

Innovare non vuol dire distruggere, ma esaltare e ricercare nell’ambito della tradizione e della qualità. Per fortuna c’era del buon pane, e mi ha fatto sorridere una coppia che al momento del dolce ha chiesto al cameriere di non portare via il cestino del pane, perché se non ci fosse stato questo sarei tornato a casa con la fame.

Allora trovo giusto che si persegua anche il bene del nostro pianeta. Ma con concretezza e rispetto nei confronti dei consumatori.

Si deve cercare di dare il massimo in termini di qualità, e non si devono assolutamente stravolgere i capisaldi della nostra cucina. E poi le stelle Michelin dovrebbero essere assegnate con una filosofia che tenga conto delle caratteristiche della cucina italiana, e non basarsi essenzialmente su assurde ricerche di nuove combinazioni o erbette, come nel caso della cena culminata con un dolce a base di angriolo, frutto riscoperto due anni fa a Venezia. Una specie di cetriolo-banana, accompagnato da una centrifuga di prezzemolo!

Prodotti come la pasta da microonde andrebbero tolti dal mercato, perché non fanno altro che permettere che gli stranieri producano il “Parmisan”.

Ci vuole coerenza e – mi ripeto – rispetto verso gli Italiani, specialmente in questo momento di ripresa. Non si possono infangare la trazione e la cucina italiana, forse la più amata al mondo.

L’emozione vale di più

In Italia, in certi casi ci sarebbe veramente bisogno dell’intervento di una potente associazione dei consumatori. Ce ne sono diverse, ma nessuna ha una forza determinante. Mi riferisco, in particolare, alla politica commerciale che sta attuando, in dispregio di qualsiasi norma, una delle più famose maison francesi.

Pensate, per esempio, che se uno riceve un articolo in regalo può sostituirlo solo con prodotti disponibili in negozio. Altrimenti anche per un semplice cambio di taglia deve pagare!

Non solo, ma certi articoli, tipo piatti e tazzine, bisogna acquistarli in coppia. Per non parlare poi dei tempi di attesa per certe borse dal costo decisamente alto, che per averle è necessario ordinarle con tempi di oltre l’anno. E talvolta obbligano il cliente ad acquistare accessori per pari importo, raddoppiando così l’incasso. Bravi nelle politiche di marketing, ma poco rispettosi dei propri clienti.

A differenza loro, invece, i nostri brand si caratterizzano per un particolare rispetto del cliente, con mille attenzioni e offrendo prodotti validi e nei giusti tempi.

Purtroppo la politica prima evidenziata adesso viene applicata anche in alcuni marchi acquistati da gruppi francesi, ma ritengo necessario un ridimensionamento. Non si può e non si deve pagare una t-shirt in cotone solo perché riporta il nome oltre 500 euro, ben sapendo che il suo valore potrà essere al massimo 20/30 euro.

La gioia per uno stilista non deve essere solo il denaro, ma vedere i propri capi indossati. E questo me lo aveva insegnato il grande e rimpianto Gianni Versace, che si emozionava quando vedeva qualcuno con i suoi vestiti.

Italiani sempre con una marcia in più e con una classe unica!

a cura di Alessandro Resente