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Maria la pioniera, Claudio il barista, Mario il coming out

Matteo Osso | 15 Settembre 2016

Maria de Filippi Mario Serpa Uomini e donne

Non c’è niente da fare, essere una pioniera è un talento che o hai nel sangue oppure non avrai mai. […]

Non c’è niente da fare, essere una pioniera è un talento che o hai nel sangue oppure non avrai mai. E lei ce l’ha.

Chi? Maria de Filippi, ovviamente.
Dopo tanto mormorare, borbottare, commentare tra le due fazioni che si contrapponevano l’una appoggiando l’altra denigrando l’iniziativa, lei ci è riuscita: ha scritto una nuov pagina della storia di questo Paese con la semplicità di chi non evidentemente non ha ben chiara la portata immensa di ciò che sta facendo. E’ partito il trono gay di uno dei programmi più longevi (e tremendi) della televisione italiana. Non è chiaro se anche nella versione riveduta e corretta continuerà a chiamarsi uomini e donne oppure diventerà uomini e basta, fatto sta che la prima puntata è andata in onda ed è stata un saggio, mirabile, encomiabile mix di normalità e novità, non senza almeno un significativo colpo di scena.
Sul trono Claudio Sona, veronese che per una strana combinazione di ingredienti rappresenta in modo assolutamente perfetto l’erede ideale di Costantino Vitgliano: sicuro di se, sguardo assassino, tatuaggi a profusione, pettinatura uscita fresca fresca dalla matita di un disegnatore di fumetti, presumibile propensione alla lettura dei grandi classici prossima allo zero. Ma potremmo sbagliarci, e se così fosse ce ne scuseremmo immediatamente.
In scena il meccanismo dello speedy date, forse vaga allusione alla rapidità del consumo di carne umana abbastanza tipico del mondo gay, forse semplice e divertente stratagemma per cominciare a creare le prime dinamiche. Ancora una volta Maria ha fatto bingo: durante il suo speedypassaggio nello speedyspazio dello speedydate il corteggiatore Mario ha sganciato la bomba:  (leggasi con intonazione altalenante come da obbligo morale) “Ciao sono Mario, lavoro in un negozio in centro, gioco a calcio, sono dichiarato con tutti tranne che con la mia squadra di calcio che adesso lo saprà”.
SBAM. Sdoganate più faccende in quattro secondi: la prima, buon per Mario, è la libertà di essere se stesso anche con la squadra di calcio. Singolare come un ragazzo bello, giovane e assolutamente a proprio agio nell’essere maschio abbia tenuto nascosto proprio ai compagni del pallone la propria omosessualità…
La seconda, buon per tutti, è una questione molto più grande e generale: la dichiarazione.
Ebbene sì, cari lettori, noi omosessuali abbiamo tutti gli obblighi di legge più uno: dichiarazione dei redditi, dell’Iva, di appartenenza politica e/o religiosa, d’amore (se la fortuna ci assiste), ma soprattutto di orientamento sessuale. E’ un rito doloroso e fondamentale in cui un ragazzo, uomo o adolescente che sia (naturalmente vale anche al femminile) deve prendere il coraggio a quattro mani e dire al mondo di essere quello che è, correndo il rischio che il mondo non prenda bene la notizia. In alternativa vivere una vita di segreti e sotterfugi che con il tempo marciscono e avvelenano la vita stessa in una danza paranoica intorno ad una verità alle volte anche troppo evidente.
Nessun etero ci pensa mai, nessun corteggiatore prima di ieri aveva dovuto spiegare a chi aveva detto di essere etero e a chi no.
Una pagina di storia è stata scritta. Nell’imperfetto linguaggio di una televisione popolare e in alcune sfumature un po’ trash, ma è stata scritta.
Maria, ti siamo debitori. (scrisse scattando in piedi con la mano sul cuore)