Nasce il rap del poliziotto: l’onore per la divisa diventa musica
La storia di Domenico Cecconi, l’agente che trasforma l’esperienza di strada in un rap che parla di identità, responsabilità e…
La storia di Domenico Cecconi, l’agente che trasforma l’esperienza di strada in un rap che parla di identità, responsabilità e orgoglio professionale
Il rap di Domenico Cecconi scorre come un fiume dopo un temporale, portando con sé il peso delle notti in pattuglia e la forza della divisa blu che indossa da oltre venticinque anni. Il suo rap ripete un verso che diventa manifesto etico: “Io sto qua per difendere, né per comandare né per offendere”, una frase semplice ma potente che racconta l’essenza di un mestiere troppo spesso letto solo attraverso lenti distorte.
Nel seminario “Dignità e tutela del poliziotto”, organizzato dal Siulp nella sede del Primo Reparto Mobile di Roma, Cecconi ha spiegato come quelle parole non siano soltanto un ritornello o una posa artistica, ma un modo per restituire autenticità a una professione che vive di equilibrio costante tra legalità, ascolto e rischio quotidiano.
Il rap di Cecconi
La platea segue il suo racconto come se stesse ascoltando la traccia di un album ancora inedito, perché Cecconi non parla solo di rap ma della fatica di restare lucidi in mezzo agli imprevisti di strada, dove ogni intervento può trasformarsi in una storia complessa che merita di essere compresa prima di essere giudicata. L’agente racconta che il suo rap nasce durante i turni più duri, quando il silenzio delle periferie accompagna il lampeggiare delle volanti e il bisogno di esprimere ciò che vive diventa urgente come una sirena che squarcia la notte, portando alla luce emozioni che altrimenti resterebbero intrappolate dietro un linguaggio troppo formale.
Nel clima quasi confidenziale del seminario, si percepisce che Cecconi non cerca ribalte musicali, perché la sua musica resta un’estensione naturale del servizio che svolge ogni giorno, una forma di testimonianza che parla ai colleghi e al pubblico con la sincerità di chi conosce bene il confine fragile tra sicurezza e vulnerabilità. C’è chi mormora che il rap possa presto circolare sui social interni e persino diventare un inno non ufficiale della categoria, una sorta di colonna sonora delle nuove generazioni di agenti che cercano linguaggi capaci di raccontare il loro ruolo senza retorica e senza schemi superati.
Il rapporto tra cittadini e forze dell’ordine
Il suo rap si insinua così nel dibattito sul rapporto tra cittadini e forze dell’ordine, suggerendo che la musica può diventare un ponte emotivo capace di restituire ai poliziotti una narrazione più umana, lontana dagli stereotipi che li riducono a figure monolitiche prive di sensibilità. Durante il suo intervento Cecconi sottolinea che la divisa non annulla la persona ma la amplifica, perché chiede disciplina ma anche empatia, mentre ogni verso scritto di notte diventa memoria di incontri, conflitti, fragilità e atti di generosità spesso ignorati dalle cronache.
Non mancano indiscrezioni su un possibile progetto discografico amatoriale che alcuni colleghi avrebbero proposto di sostenere, immaginando una serie di brani dedicati agli episodi che segnano la vita di chi lavora in strada, sebbene l’agente mantenga un profilo prudente e preferisca lasciare che sia la comunità professionale a decidere se trasformare questa intuizione in qualcosa di più strutturato. Chi lo ascolta però avverte una sincerità rara, perché il suo rap non cerca consensi ma vuole restituire dignità a un lavoro che vive di fiducia reciproca, ricordando che dietro ogni distintivo c’è una persona che prova a fare la differenza.
Alla fine dell’incontro ciò che rimane non è soltanto la curiosità per il brano, ma la sensazione che la musica possa riconciliare due mondi che spesso si sfiorano senza incontrarsi davvero, rendendo il racconto della vita in divisa più immediato e comprensibile anche a chi osserva da lontano. Cecconi esce dalla sala come è entrato, con passo discreto e sguardo attento, mentre la sua frase “Io sto qua per difendere, né per comandare né per offendere” continua a vibrare nell’aria come un ritornello che sa di promessa mantenuta e di orgoglio silenzioso per quella divisa blu che, ancora una volta, diventa storia, ritmo e voce.