D'Ambrogio Novella 2000 n. 19 2022

Spettacolo | Vip Style

Alla scoperta di… Melanie Francesca e Dubai con Elena D’Ambrogio

Redazione | 27 Aprile 2022

Melanie Francesca e l’ultimo romanzo della sua trilogia, dal titolo Il Maestro: l’intervista della nostra Elena D’Ambrogio alla scrittrice

Melanie Francesca: una trilogia “instagrammatica”

La trilogia annunciata da Melanie Francesca si conclude con il libro dal titolo illuminante Il Maestro (Cairo Editore), presentato a Milano da un relatore altrettanto illuminante: il professore Stefano Zecchi.

Chiedo a Melanie se il progetto prevedeva una conclusione così simbolica, o se questa è stata determinata dal percorso intrapreso dalla protagonista.

“È la chiusura di un percorso inquieto. Mentre i precedenti libri vedono la protagonista, che mal sopportava la realtà della quale era entrata a far parte perché le creava disagio, alla ricerca di una via d’uscita, il terzo libro rappresenta proprio la soluzione, trovata grazie a un cammino interiore. Una sorta di risveglio, anche dalla sua passività, per giungere a una libertà interiore che è in grado di esteriorizzare”.

Il tuo approccio alla scrittura è piuttosto diaristico.

“Dando sfogo all’istinto non so cosa racconterò, ma so bene cosa voglio dire in maniera che sia profonda, importante, e non dettata dalla razionalità. Da persona emotiva mi è congeniale usare uno stile instagrammatico, per capitoli, che sebbene abbiano tra loro un filo conduttore, è come fossero un post di instgram. Racconti che potrebbero essere anche indipendenti l’uno dall’altro, ma ciascuno compiuto per quello che vuole trasmettere. Un libro per i tempi moderni, che si può leggere senza perdere il filo. Seguo l’intuizione del momento, ispirata dal Maestro che guida le emozioni”.

Chi è il Maestro

E arriviamo al Maestro.

“Il Maestro aiuta a sviluppare la spiritualità che poi paradossalmente diventa esteriorità. Nel mondo di oggi, molto digitalizzato, rischiamo di essere materiali e astratti. Una crescita spirituale fa superare questa materialità per tornare a essere calati completamente nella vita vera. Il linguaggio del corpo resta un messaggio fondamentale, che ci presenta nella nostra autenticità, esteriorizza quello che siamo interiormente. Quindi non è solo un sano viaggio interiore che fa calare completamente nel proprio corpo, ma consente di raggiungere quell’equilibrio che giova anche alla salute”.

Quello che non si risolve, il soma lo traduce in patologia.

“Esatto. Fare l’esercizio di distacco della mente dal corpo è fondamentale, perché la mente tende a mentire e aumenta il divario tra razionalità e istintività, mortificando la sensibilità che ha sempre meno influenza sulla nostra vita. Nel libro si insegna a usare la ragione del cuore portata al centro di se stessi. Ragione che guida, ed è totalmente differente da quella della mente”.

Ma questo Maestro esiste, o lo hai maturato dentro di te?

“È una persona reale. Ma nel libro si rivela attraverso gli occhi di un personaggio. Molto giovane, una rivoluzionaria, contraria al sistema, che scappa di casa. Il Maestro la raccoglie nel suo peregrinare burrascoso e le consegna un bigliettino su cui c’è scritto: ‘Io sono la porta’. La porta è quella di una comunità nel mondo parigino, dove ragazzi inquieti vengono educati all’equilibrio interiore. Un incrocio tra cristianesimo e buddismo, sincronizzati per far raggiungere lo stato di benessere forte e determinato che prepara ad affrontare i propri demoni, prima ancora che il mondo esterno. L’intento del maestro è rendere i suoi allievi dei guerrieri. Insegna loro la scaltrezza e la destrezza, per saper vivere e sapersi difendere”.

L’insagnamento del Maestro

L’insegnamento a ritrovare le virtù primordiali accantonate dalle comodità del mondo moderno.

“Anche ad amare il tuo nemico. Cosa essenziale per capire cosa non funziona dentro di te, così lo puoi combattere, vincere, e diventare consapevole dello specchio che il tuo ‘nemico’ è per te. Raggiungere la consapevolezza e l’accettazione anche della nostra parte peggiore. Che non è necessariamente cattiva, ma può essere malsana, anche solo nel renderci fragili”.

Melanie, attraverso i suoi personaggi, scandaglia ogni anfratto interiore per un cammino di crescita, il tutto nella superba Dubai, oasi di splendore, molto lussuosa, con stuoli di domestici, ostentazione di vite faraoniche, che con il lockdown non sono cambiate.

È cambiato il mutamento interiore della protagonista nel raffrontarsi con se stessa e con la maestosità e la ricchezza che le derivano dal vivere negli Emirati Arabi. Si trova nella terra di mezzo, combattuta se abbracciare la differenza tra il mondo del Maestro, che la fa rinascere a nuove consapevolezze, e quelle del marito autocratico, ben impiantato nel tradizionalismo e nel politically correct.

L’autrice ci rivela in che modo una “Occidentale”, rivoluzionaria e irrequieta, può adattarsi alla realtà luccicante e complessa di una Dubai fiabesca, che il professor Zecchi considera un mondo costruito così perfettamente che si concretizza proprio perché troppo perfetto e ammalia, ma in maniera soggettiva.

Emergono correlazione tra sentimenti e il mondo circostante, ma sempre conflittuali. Secondo Zecchi oltre a capire perché si ha voglia di andare a Dubai si deve anche capire perché – come a lui – non viene voglia di andarci.

Il mondo virtuale va sfumandosi ed emerge l’esperienza vera. Sapendo che la virtualità ti offre sempre scappatoie, ne esci con altre visioni, sempre virtuali, ma non ci sbatti mai la faccia. Questo è il suo fascino.

a cura di Elena D’Ambrogio