La nuova perizia genetica scatena l’ennesimo scontro scientifico tra esperti, Marzio Capra: «Qualcuno sta tentando di ingannare il giudice»

La nuova perizia genetica sul delitto di Garlasco, depositata dalla genetista Albani, ha riacceso le polemiche su un profilo maschile individuato sotto le unghie di Chiara Poggi. Il profilo è risultato compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio, persona indagata e poi archiviata in passato, ma l’affidabilità del dato scatena un forte dissenso tra i consulenti delle parti coinvolte. Il genetista dei Poggi ha espresso il suo giudizio tecnico in maniera estremamente netta, sostenendo che un risultato del genere non possa costituire una prova concreta a causa della sua intrinseca non specificità. La sua analisi si concentra sulla natura dell’aplotipo Y, la porzione di DNA maschile che viene ereditata dal padre e resta sostanzialmente immutata per svariate generazioni, rendendo impossibile l’identificazione di un singolo individuo.

Valore scientifico nullo per l’ex vice comandante del RIS

L’eco delle dichiarazioni del consulente tecnico della famiglia Poggi, Marzio Capra, risuona con altrettanta forza nel dibattito scientifico e giudiziario in corso. Capra, ex vice comandante del RIS dei Carabinieri, ha liquidato la conclusione della perizia Albani come assolutamente priva di peso investigativo per l’identificazione del responsabile dell’omicidio. Secondo l’esperto, questo profilo genetico non offre neppure un indizio, data l’ampia platea di soggetti maschili imparentati in linea diretta che condividono lo stesso aplotipo. Si sottolinea come il DNA parziale non abbia il rigore scientifico necessario, poiché la sua analisi non è replicabile con il medesimo esito e, soprattutto, non si può stabilire se la traccia si trovasse sopra o sotto le unghie della vittima.

Nel dibattito riacceso attorno al Dna rinvenuto sotto (o sopra) le unghie di Chiara Poggi, l’ex vice comandante del Ris Marzio Capra – da anni consulente della famiglia Poggi – boccia senza mezzi termini la perizia della dottoressa Albani. “Il Dna è una cosa seria e bisogna alzare le mani se non si è in grado di dire qualcosa con fondamento scientifico”, premette. Nell’intervista al Corriere a cura di Alfio Sciacca dichiara: “Se cerco certe caratteristiche Y dei portoghesi li trovo ovunque: erano navigatori. La linea paterna può risalire a centinaia di generazioni”. E sulla quantità minima di Dna ritrovato esclude un contatto diretto con la vittima: “In quel caso avresti un profilo più completo. Sia chiaro: lei ha fatto quello che le è stato richiesto. Ma così qualcuno sta tentando di ingannare il giudice».

Un quadro frastagliato a diciotto anni dal delitto

A quasi diciotto anni dal tragico omicidio di Chiara Poggi, il quadro probatorio resta estremamente fragile, costituito su reperti molto deteriorati e tracce incerte che i tecnici stessi definiscono solo “suggestive”. La perizia si basa su una traccia “mista parziale” e la quantità irrisoria di materiale biologico ha impedito di arrivare a un risultato certamente affidabile che potesse escludere contaminazioni ambientali o un trasferimento per contatto indiretto. Questa situazione complessa riaccende dunque lo scontro tra le difese e l’accusa, con la difesa di Alberto Stasi che però rivendica come primo punto fermo l’assenza del DNA di Stasi sulle unghie della vittima.

Dario Lessa