Una figura femminile audace, libera e carismatica, capace di trasformare un tabù in rivoluzione culturale e di sfidare con intelligenza e coraggio il moralismo del suo tempo

Adelina Tattilo era molto nota quando ho iniziato a lavorare. Era “la signora Playmen”, un’editrice e non erano molte le donne che facevano il suo lavoro e con un giornale erotico poi. Io stesso ho scritto per lei, come grandi giornalisti e scrittori, compreso Alberto Moravia. È morta nel 2007, a 80 anni, ma ha lasciato il segno, visto che Netflix le dedica Mrs. Playmen, una nuova serie disponibile dal prossimo 12 novembre.

«Ispirata a una storia vera – si legge nel comunicato – ha per protagonista Carolina Crescentini nel ruolo di Adelina Tattilo». Non mi sarei mai aspettato che a distanza di tanti anni la si ritenesse ancora una donna così interessante, eppure ripensandoci è stata una rivoluzionaria: per la prima volta parlava di sesso, orgasmo, uomini e carne in modo esplicito alle donne. Su Wikipedia si legge: «Adelina Tattilo è stata un’editrice, giornalista e produttrice cinematografica italiana di stampo femminista, nota per le sue battaglie, iniziate negli anni Sessanta, per la trasformazione dei costumi sociali e sessuali del Paese. Fu l’editrice di Playmen, mensile erotico che, sulla falsariga di quanto intrapreso negli Stati Uniti proponeva la liberazione dei comportamenti e l’affrancamento da bigottismo e falsi moralismi».

Sulla scia dei ricordi ho voluto incontrare Alberto Tarallo, che prima di diventare produttore di serial con Virna Lisi e Gabriel Garko, è stato art director di Playmen.

«Ho iniziato a collaborare con lei nel 1977 perché nascevo proprio come art director. Il mio primo lavoro per Playmen fu con Isabella Biagini:  era venuta a vedere uno spettacolo che avevo fatto a teatro, le erano piaciuti i costumi, e mi chiese di collaborare con lei per una copertina della rivista. Aveva un carattere molto difficile e mi fece penare molto con il fotografo, Roberto Rocchi. Uscita la copertina con il mio nome, mi chiamò Angelo Frontoni, il fotografo delle dive, e mi portò da Paolo Mosca, direttore di Playboy: anche loro avevano bisogno di un art director e lì è cominciato tutto».

Nel 1977 quindi tu facesti solo un numero per Playmen.

«Esatto. A Playboy la prima copertina fu con Barbara Bouchet, seguirono Nadia Cassini, Loretta Goggi, Heather Parisi. Mosca aveva inventato il nudo italiano, perché fino a un attimo prima le copertine di Playboy erano riciclate da quelle americane. Fece spogliare Sabina Ciuffini, la valletta di Mike Bongiorno, e nacque il nudo italiano».

Torniamo a Tattilo: sono rimasto stupito che Netflix abbia deciso di dedicarle una serie.

«Anch’io, ma era davvero un personaggio interessante. Un giorno mi chiamò il figlio di Adelina, Roberto, che mi propose di fare il direttore artistico di Playmen».

Adelina com’era?

«Una self-made girl perché aveva cominciato con il marito, Saro Balsamo, poi lui ebbe problemi pesanti con la giustizia, non so per quali ragioni, e lei prese in mano le redini di tutto. Fu molto coraggiosa: era un’Italia bigotta, c’erano i sequestri dei giornali di nudo, per cui lei doveva uscire magari il venerdì perché nel weekend non sequestravano il mensile che andava a ruba subito dopo e di sequestri se ne riparlava il lunedì successivo. È stata una donna molto forte e molto tenace. E in più aveva anche tre figli».

Tutti coinvolti nel lavoro?

«No, solo Roberto. Un ragazzo molto tenace, forse è quello che più le somigliava perché aveva una grande grinta. Diciamo che io ho avuto più rapporti con lui che con la madre, perché la madre poi veniva molto poco in azienda».

Playmen italia Adelina Tattilo ph ig
Playmen Adelina Tattilo ph ig

A modo suo, Adelina Tattilo è stata una rivoluzionaria: una donna sola che fa un giornale erotico.

«Come no? Era una persona incredibile. Mi ricordo le cene favolose che faceva in quella casa che era stata studiata da Enrico Job, il marito di Lina Wertmuller, proprio per accogliere gli amici. Era sulla Flaminia, un attico e superattico. Me la ricordo come una donna molto vitale, anche molto curata, dalla pelle perfetta: non l’ho mai vista con un capello fuori posto, né con il trucco sbagliato, aveva sempre il gioiello giusto».

Matteo Spinola, il grande press agent, mi raccontava che la prima volta che l’ha conosciuta lei aveva già un aereo privato, un po’ rovinato, diciamo, un po’ di seconda mano, ed era mora, diversissima.

«Io l’ho incontrata bionda, il suo parrucchiere era Sergio Valente. Mi ricordo di lei sempre inappuntabile, una vera signora, ma quando le girava storta era terribile, tirava le cose addosso, ma con me ha sempre avuto un rapporto molto carino, molto rispettoso. Mi ha sempre pagato molto bene. Ed era coraggiosa, fece con me anche il primo mensile gay, Adam. Ma poi Silvana Giacobini scrisse La signora della città, io mandai il libro a Gigi Reggi, a Mediaset, e lui mi disse di farne un serial tv e il lavoro di produttore mi ha preso talmente tanto che lasciai Playmen. Tuttavia Adelina fu molto carina e accettò la mia nuova carriera. E poi il mondo stava cambiando, il nudo non era più così interessante».

Divorziata da Saro Balsamo, che sposò Roberta, Adelina si era rifatta una vita con un compagno o è rimasta sempre una donna che ha navigato da sola?

«Ha avuto una lunga storia d’amore con Carlo Maietto, credo che ci sarà anche nel film».

Carlo Maietto?

«Un produttore cinematografico. Con lui Adelina divenne anche produttrice, tra gli altri di Carlo Lizzani».

Poi lui poi la lasciò per Janet Agren, bella e brava attrice, i fatti sono noti.

«Lei soffrì molto. Credo che dopo Maietto lei abbia avuto altre storie, ma lui è stato un amore importante».

Hai continuato a sentirla?

«Ci si incrociava, poi a 80 anni un cancro improvviso e se ne è andata».

Ti ha stupito il fatto che abbiano dedicato una serie a lei?

«No, perché lei è stata veramente un simbolo di un’emancipazione non solo femminile, ma anche sessuale».

Si può dire, per concludere, che in fondo Adelina è stata la donna che ha liberato le donne?

«Direi che Adelina è stata una donna che ha fatto scoprire la sessualità alle donne e questo è vero. E Libera, un altro suo giornale di cui nessuno parla, fu la grande sfida di lei, ma le donne allora non erano pronte. Non è che potevano portare a casa un giornale con gli uomini nudi: che cosa avrebbero detto i mariti? Stiamo parlando degli anni 70, c’era stata sì la rivoluzione sessuale, ma non per tutti. Voglio ricordare poi che lei era un editore che stava a Roma, la città del Papa. Non è mai andata a Milano, sarebbe stato più facile, perché la stampa era tutta a Milano. Un gran coraggio».

Era anche amica di uomini importanti.

«Era grande amica di Bettino Craxi, una volta a settimana pranzava con lui, Craxi veniva con Anja Pieroni a quei pranzi e c’erano anche Franco Cristaldi con Zeudi Araya, Monica Vitti con Roberto Russo. Erano proprio i suoi amici del cuore, con i quali la domenica pomeriggio giocava a carte. Poi veniva anche Marta Marzotto. Un mondo che non c’è più, fatto di grandi personalità e di un talento che oggi si fa fatica a ritrovare».

Roberto Alessi