Scuola di Seduzione Barbara Fabbroni Novella 2000 n. 30 2020

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A Scuola di Seduzione con Barbara Fabbroni: un po’ di tutti… i generi

Redazione | 19 Luglio 2020

Barbara Fabbroni ci porta alla scoperta di tutti i generi di riferimento nella rubrica Scuola di Seduzione sul nuovo Novella […]

Barbara Fabbroni ci porta alla scoperta di tutti i generi di riferimento nella rubrica Scuola di Seduzione sul nuovo Novella 2000.

Ne abbiamo parlato più e più volte, i social hanno monopolizzato la vita di tutti, ancor più le App per incontri sono diventate uno spazio virtuale dove tutto è possibile. Di App per incontri ce ne sono di ogni tipo, per tutti i gusti. Come se fossero una morbida caramella da gustarsi in solitaria compagnia per poi aprirsi all’ignoto. La gusti in breve tempo, sogni, fantastichi, immagini, poi la consumi una dopo l’altra senza controllo. L’App che, da qualche anno, ha monopolizzato l’attenzione globale è Tinder. Creata appositamente per smartphone, per mettere in contatto più persone.

In questa estate rovente Tinder lancerà intriganti novità. Approdata infatti in Italia la possibilità di accedere alla funzionalità: More Gender & Sexual Orientations (oltreoceano sta già spopolando e soddisfacendo gli utenti), ovvero aggiungere informazioni sulla propria identità di genere o orientamento sessuale.

Le persone potranno definirsi attraverso il disvelamento di se stesse, nude e crude, esattamente per ciò che sono. Un favoloso cambiamento per non trincerarsi dietro a maschere che provocano dolore su dolore. “So chi sono, mi riconosco, te lo dico senza paura e senza censura”, sembrerebbe uno slogan adatto per questa novità.

Gli utenti hanno la possibilità di scegliere. A loro disposizione ventinove generi (a donna, uomo e trans, si aggiungono androgina, non binario, pangender, gender queer e così via) e nove orientamenti (eterosessuale, omosessuale, bisessuale, asessuale, demisessuale, pansessuale…). Una vera e propria innovazione in fatto di definizione della persona.

Il supporto alla diversità contro le convenzioni

Sapersi riconoscere permette il riconoscimento da parte dell’altro. È questo uno dei bisogni essenziali per vivere in maniera sana. Niente male, tutto viene scremato, e il risultato è trovare una sintesi che sia di gradimento. Così la ricerca si fa più raffinata, diventano maggiori le possibilità di trovare quello/a giusto o la situazione migliore per farsi coinvolgere.

L’intenzione è quella di rompere le convenzioni binarie. Quello di Tinder è un forte messaggio di accettazione e apertura alla comunità non binaria, per supportare la diversità e l’inclusione. Un passo innovativo che si fa portavoce dei grandi cambiamenti sociali che stanno accadendo nella nostra organizzazione di vita.

L’Italia si è mostrata una delle nazioni più aperte, capace di rompere i pregiudizi e di andare oltre le etichette. Il nostro sembra un popolo fondato su una società inclusiva.

C’è da chiedersi una cosa: in una società che cerca di emanciparsi il più possibile, perché c’è la necessità di definirsi in etichette come sta accadendo su Tinder? Appiccicarsi addosso un’identità appartenendo a un gruppo di genere variegato, seppure sia quella che immaginiamo di avere, non accentua ancora di più la diversità e la confusione?

Non sarebbe meglio elaborare il proprio vissuto emotivo e comprendere cosa accade? C’è un sottofondo legato alla voglia di sorprendere l’altro attraverso un’immagine di sé e un essere trasgressivo. Siamo sicuri che tutto questo soddisfi davvero l’individuo?

I “guai” della generazione Z

Definire se stessi in maniera fluida. Questa possibilità, non solo sessuale, ma anche di razza, classe sociale e stile di vita è diventata di significativa importanza per la tolleranza e autenticità. Si tratta di pilastri di una società integrata. Così almeno si crede, ma certo la mancanza totale di regole sta sgretolando l’esserci della persona, creando tanti individui alla ricerca di sé che si attaccano alla comunicazione del proprio genere per trovare un ancoraggio alla vita.

La Generazione Z, cioè i giovani nati tra gli anni ’90 e il 2000, sono circa la metà degli iscritti all’App. Il che la dice lunga in fatto di costruzione dei rapporti e dei rapporti stessi.

È un dato di fatto che un giovane italiano su due attribuisca alla fluidità un valore profondo e la consideri un modo per definire se stesso e la propria identità. Ma l’amore liquido, che si fa compagno di viaggio con l’amore liquido, alla fine denuncia solo la perdita affettiva significativa che si sperde in mille e più pezzetti di sé sparsi qua e là.

Le nuove dinamiche dell’amore

L’amore oggi è aperto. Completamente disancorato dal significato che da sempre lo ha caratterizzato. C’è da chiedersi se tutto questo è emancipazione o un grido disperato di trovarsi e riconoscersi in qualcosa e qualcuno! La Rete facilita le difficoltà del quotidiano, così l’attenzione di Tinder si è focalizzata su questa fluidità di genere, offrendo uno spazio in cui riconoscersi al di là della maschera che si mette nel quotidiano. In rete tutto diventa più facile. La fluidità di genere sembra un desiderio di molti, così social e App diventano uno strumento per conoscere meglio se stessi e gli altri. Sarà davvero così?

L’intento di Tinder è far sì che le persone possano definirsi in modo più personale e preciso possibile. Ciò che si osserva in questa nuova Generazione Z è che, nella fascia d’età tra i 18 e i 25 anni, i giovani amano “giocare” col cambiamento d’immagine e genere, tanto che il 42% ha nel proprio armadio abiti unisex.

Un gioco che spesso diventa confusione di genere che intrappola. Così, se la persona non riuscisse a ritrovarsi in nessuna delle 29 caratteristiche (che in Italia sono state scelte da Tinder in partnership con Arcigay) è stata inserita anche una sorta di casellina “jolly”. Uno spazio bianco in fondo alla categoria dei generi, in cui chi lo desidera può scrivere il proprio genere se non lo trova fra i ventinove elencati. Negli USA pare essere usata. Chissà cosa accadrà in Italia, terra di creativi. Chissà come si orienterà la GenZ italiana…

a cura di Barbara Fabbroni