Scuola di Seduzione Barbara Fabbroni Novella 2000 n. 32 2020 Salvo Sottile

Spettacolo

A Scuola di Seduzione con Barbara Fabbroni: intervista a Salvo Sottile

Redazione | 30 Luglio 2020

Barbara Fabbroni intervista Salvo Sottile per la rubrica Scuola di Seduzione: il giornalista commenta l’uscita da Rai 3 e parla […]

Barbara Fabbroni intervista Salvo Sottile per la rubrica Scuola di Seduzione: il giornalista commenta l’uscita da Rai 3 e parla del futuro in TV.

“Mio padre faceva il giornalista in un piccolo giornale di Palermo. Io detestavo questo mestiere, perché mio padre non c’era mai. Sono stato un adolescente molto, molto lontano da questo mondo. Poi ho iniziato a lavorare e studiare da solo. Ho fatto l’operatore di matrimoni, prendevo in mano la telecamera e facevo servizi ai matrimoni. Mi divertivo anche a fare servizi in giro per Palermo solo per piacere. Uno di questi servizi arrivò in una televisione locale (l’emittente regionale Telecolor Video 3), e da lì mi sono messo a fare piccoli reportage. Uno di questi, che avevo fatto per una TV locale, fu scelto da Mediaset. Da lì è iniziato tutto”. Così si racconta il noto giornalista Salvo Sottile.

Nel 2009 vince il Premio Paolo Borsellino, e fu lui a dare la notizia della morte del magistrato, in diretta al Tg5 di Mentana, con un testo che ha fatto storia:

“La conferma è avvenuta. Il cadavere che c’è proprio davanti alla portineria è quello di Paolo Borsellino,
il magistrato è stato investito violentemente dall’esplosione. Il suo corpo, quello che resta del suo corpo, è stato trovato adesso dai Carabinieri davanti al suo portone”.

Sono passati tanti anni. Eppure la Rai, dove conduceva Mi manda Rai Tre, l’ha silurato. A casa. Stop. Una botta. Ne parliamo con lui.

Intervista a Salvo Sottile: cosa accadrà dopo Mi manda Rai Tre

La prima cosa che ha pensato quando ha avuto la notizia di non essere riconfermato dopo quattro anni di successi a Mi manda Rai Tre?

“La prima reazione è stata rabbia, perché credo di essermi speso tanto per il programma. Soprattutto nel periodo del Covid. Ho avuto la fortuna di lavorare con una squadra straordinaria, gente che crede in questo mestiere. Sostanzialmente, quando ho saputo che non mi avevano riconfermato, nonostante avessi cercato di parlare con il direttore di Raitre ho capito che c’era qualcosa d’altro dietro, che non era un problema lavorativo. Il programma era al massimo degli ascolti, quindi c’era qualcuno che doveva essere piazzato al mio posto”.

Condivide la politica riorganizzativa della Rai?

“Non ho alcuna preclusione verso il cambiamento. Con la mia esclusione hanno fatto tutta una serie di valutazioni su giornalisti esterni o interni all’azienda. In realtà ci sono sempre stati in Rai giornalisti esterni bravi, così come giornalisti interni. Tutti quelli che ci sono adesso non è che non vanno bene perché non sono stato riconfermato. Sicuramente ce ne sono di bravi, così come ci sono una serie di scelte che lasciano qualche perplessità. Questo l’avrei detto anche se fossi stato confermato”.

Hai nuovi progetti?

“Sì, qualche progetto in cantiere ce l’ho, è ancora presto per parlarne. Intanto mi voglio riposare perché vengo da un anno molto difficile e fatto anche di tanti sacrifici, perché avevo anche un programma la notte. Per il momento mentre mi riposo vaglio una serie di cose”.

Continueremo a vederla in tv?

“Francamente non lo so dire adesso. Però prima o poi spero di sì”.

Da Mediaset a mamma Rai

Una scemenza lasciare Mediaset per la Rai?

“Una serie di vicissitudini. Sono andato via da Mediaset perché dopo tanti anni che lavori in un posto hai voglia di cambiare. Prima sono stato a La7 per un paio di anni, poi il direttore di Raiuno mi chiamò per fare La vita in diretta. Accettai questa sfida, e da lì inizia la mia permanenza in Rai”.

Quali sono i maggiori ostacoli che incontra un giornalista impegnato?

“La diffidenza. Il pregiudizio. C’è il sentire comune che il giornalista sia uno che fa le cose per convenienza, perché ha il bisogno di pubblicare qualcosa per un secondo fine. È difficile, per uno che fa il mio mestiere, acquisire credibilità. La credibilità e l’autorevolezza sono qualcosa che guadagni con il tempo, con la fiducia del tuo pubblico”.

Chi sono i peggiori nemici?

“I propri errori! Quando tu commetti degli errori non te li perdonano. La gente se li ricorda, e quegli errori, anche a distanza di anni, rispuntano come fantasmi, un po’ ti perseguitano durante la tua carriera”.

Le pressioni politiche quanto incidono in una carriera giornalistica?

“Tanto, tanto. Dipende dove lavori. In Mediaset sono stato molto libero, ho sempre fatto quello che volevo. In altre televisioni non sono stato così libero, nel senso che le pressioni politiche alla fine mettono in secondo piano il merito, quello che tu hai conquistato con fatica e professionalità, con la fiducia del pubblico. La pressione politica fa in modo che tutto questo scompaia, e magari finisca alla pari con uno che non ha fatto neanche un giorno di gavetta oppure che non si è guadagnato nulla sul campo”.

“A Mi manda Rai Tre non tornerei”

Ha mai dovuto censurare informazioni?

“Nulla, semmai ho dovuto ritardare la pubblicazione. Mi hanno insegnato che quando si ha una notizia la si pubblica, non si tiene mai nascosta”.

Mai pensato di fondare un giornale?

“No. Credo che la carta stampata sia molto, molto difficile. Ne ho molto rispetto visto che è stato il lavoro di mio padre e l’ha fatto con passione per anni. I tempi, la metrica di un servizio che fai per un TG o una trasmissione è molto diversa da quella di un giornale. Ormai ho preso questa strada, sono un giornalista TV con quasi trent’anni di carriera”.

Un ricordo bello di Mi manda Rai Tre?

“Le tante battaglie vinte, i tanti cittadini che mi scrivono ancora ringraziandomi perché hanno avuto soddisfazione rispetto a un problema che avevano e che non si sarebbe potuto risolvere. Ce ne sono a centinaia di queste testimonianze. Per questo facevo Mi manda Rai Tre: per poter aiutare gli altri. La più grande soddisfazione è aiutare chi ha bisogno”.

Se la dovessero richiamare tornerebbe?
“No”.

a cura di Barbara Fabbroni