Minolfi Novella 2000 n. 21 2021

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Studio Minolfi: come sono regolati i diritti dei conviventi

Redazione | 12 Maggio 2021

La convivenza è la nuova forma di famiglia regolata fra gli altri dalla Legge Cirinnà del 2016: ecco quali sono i diritti dei conviventi

Una nuova forma di famiglia

Ci si ama e ci si sposa? No, negli ultimi anni la tendenza è sempre più a non contrarre matrimonio. Vuol dire che le coppie che si amano, da un po’ di tempo a questa parte si accoppiano, vanno a convivere e su questa convivenza costruiscono una nuova forma di famiglia. La famiglia di fatto, appunto, diversa da quella che tradizionalmente è stata disciplinata dal nostro ordinamento giuridico.

Ma pur sempre famiglia, con tanto di partner che non si chiamano coniugi ma conviventi, che magari sono genitori, che acquistano casa, che vanno incontro a tutte le esigenze della quotidianità. Dalla gestione di un patrimonio “familiare”, alla gestione dei rapporti patrimoniali tra conviventi, ai rapporti coi figli, all’abitazione della casa comune, alle questioni di una futura eredità.

Diritti dei conviventi

Come vengono affrontati dal nostro ordinamento i diritti dei conviventi? Cerchiamo di spiegarlo, partendo da un presupposto: fino a poco tempo fa, i conviventi non avevano diritti. Il dibattito che puntualmente si apriva sul tema veniva esacerbato anche dal fatto che nella categoria “conviventi” rientravano, oltre alle coppie etero che non volevano sposarsi, anche quelle omosessuali.

Poi la “nuova sensibilità” emersa nella nostra società, la presenza quantitativamente sempre maggiore di conviventi (etero ed omosessuali), rispetto ai coniugi, ha portato prima la giurisprudenza ad accorgersi che “i diritti dei conviventi” andavano disciplinati (“anche per non creare un pregiudizio dei principi inderogabili dell’ordinamento, fra questi, primi fra tutti, i valori costituzionali di solidarietà sociale, garantiti tanto nella famiglia fondata sul matrimonio, quanto in quella di fatto”).

Poi ha imposto al Legislatore l’urgenza d’intervenire.

Legge Cirinnà

È del 2016 la così detta legge Cirinnà (n.76/2016) con la quale vengono disciplinate le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze.

Qui si arriva a una definizione dei “conviventi di fatto”: due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile (art. 1, c. 36). Formula che comprende sia le coppie di fatto omosessuali sia eterosessuali.

Al riguardo vengono toccati specifici aspetti – come i diritti di visita, la rappresentanza e il contratto di convivenza.

Da questo momento i conviventi hanno pertanto gli stessi diritti che spettano al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario. Dunque, la possibilità di far visita al partner in carcere. In caso di malattia o di ricovero, godono del diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali.

Per specifiche finalità, in caso di malattia o morte, il convivente può essere nominato rappresentante. E può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, se l’altra parte è dichiarata interdetta o inabilitata.

Sottoscrivendo un contratto di convivenza, i conviventi possono inoltre disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune.

Al convivente, infine, è riconosciuto il diritto di partecipare alla gestione e agli utili dell’impresa familiare del partner, nonché ai beni acquistati con questi ultimi e agli incrementi dell’azienda, in proporzione al lavoro prestato.

Il “nodo” ereditario

Per quanto riguarda l’eredità, però, ai conviventi non spetta alcun diritto successorio. Il convivente superstite può, più semplicemente, continuare ad abitare nella casa di comune residenza (di proprietà del convivente deceduto) per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni. E comunque, non oltre i cinque anni (con regole più specifiche in presenza di figli minori o disabili).

Se la casa non è di proprietà ma solo in affitto, il convivente superstite ha diritto di succedere nel contratto. Nel caso il decesso sia stato provocato dall’illecito di un soggetto terzo, il convivente superstite è titolare del risarcimento del danno (a patto che la convivenza avesse una stabilità tale da far ragionevolmente ritenere che, senza l’altrui azione, sarebbe continuata nel tempo).

Se i conviventi si separano

La normativa dice poco nel caso in cui la convivenza si interrompa non per decesso del partner, ma per altre cause (banalmente perché ci si separa).

L’art. 1, c. 65, prevede che un convivente possa chiedere “gli alimenti” all’altro. Ma in modalità molto limitata (in base alla durata della convivenza e alla posizione dell’ex convivente).

Sembra in pratica che la “reciproca assistenza morale e materiale” sia strettamente connessa al permanere della convivenza (intesa in senso ampio e non come mera coabitazione), e che gli obblighi di solidarietà familiare vengano meno con il cessare di quella.

C’è però la possibilità di chiedere un risarcimento per “la violazione degli obblighi familiari, attinenti a diritti fondamentali della persona”. Ad esempio, nel caso in cui uno dei conviventi tenga celato all’altro il proprio stato (di essere sposato anche se separato di fatto) e così incardini una realtà familiare come se fosse libero.

Tale ipotesi ha rilievo sotto vari profili: quelli contrattuali (come ad esempio l’acquisto della casa familiare) e successori.

Maltrattamenti e casa familiare

Allo stesso modo hanno valenza i maltrattamenti in ambito famigliare, a prescindere dallo stato di coniugio o di convivenza more uxorio.

In buona sostanza, laddove un convivente agisca a scapito dell’altro cagionandone un danno, è previsto il risarcimento dei danni. E ciò era un orientamento raggiunto dalla giurisprudenza già prima della legge Cirinnà.

Quanto ai beni mobili dell’arredo della casa che prima era di comune residenza: spettano a chi ne dimostra la titolarità.

Sempre riguardo alla casa familiare, il convivente non proprietario, nel caso di separazione, ha diritto a un preavviso per trovare una nuova sistemazione. In pratica, non gli si può dire: “Domani vai via da casa”.

Quanto alla tutela penale, è configurabile anche tra conviventi il reato di maltrattamenti.

E se i conviventi separati hanno figli, è riconosciuta la permanenza dei doveri di collaborazione e reciproco rispetto. Devono cioè continuare a prendersi cura della prole.

a cura di Eloisia e Luana Minolfi