L’archistar canadese, scomparso a 96 anni, lascia un’eredità di meraviglie curve e metalliche che hanno riscritto le regole del cemento armato

Si è spenta a Santa Monica, nella sua dimora californiana, la mente geniale e audace di Frank Owen Gehry, uno dei massimi esponenti e veri rivoluzionari dell’architettura contemporanea mondiale. L’architetto canadese naturalizzato statunitense è morto serenamente all’età di 96 anni, lasciando dietro di sé un’eredità inestimabile di edifici che non sono semplici costruzioni, ma autentiche sculture urbane cariche di movimento e luce. La sua scomparsa segna la fine di un’era per il design globale, durante la quale Gehry ha insegnato a guardare il calcestruzzo e l’acciaio come materiali fluidi, capaci di esprimere emozione e narrazione.

Il diritto di sognare in metallo piegato

La notizia della dipartita è giunta nelle prime ore del mattino, confermata dalla sua famiglia e dal suo studio, la celebre Gehry Partners, LLP, con una comunicazione che ha subito commosso l’intera comunità artistica internazionale. La sua carriera, lunga oltre sei decenni, è stata una costante e coraggiosa sfida alla geometria tradizionale, culminata in opere che hanno ridefinito interi orizzonti cittadini e trasformato località un tempo marginali in destinazioni culturali di primissimo piano. Il suo stile inconfondibile, caratterizzato dall’uso di forme decostruite e rivestimenti metallici scintillanti, ha conquistato riconoscimenti universali, compreso il prestigioso Premio Pritzker nel lontano 1989, consacrandolo nell’Olimpo dei creativi.

Il retroterra di un rivoluzionario: da Bilbao a Los Angeles

Nessuna opera esemplifica meglio l’impatto di Gehry quanto il Guggenheim Museum di Bilbao, inaugurato nel 1997, un capolavoro di titanio che ha catalizzato un vero e proprio “effetto Bilbao”, dimostrando il potere rigenerativo dell’architettura sulla realtà economica e sociale. Quel progetto, inizialmente considerato estremo e troppo costoso, divenne rapidamente un simbolo globale della rinascita basca, stabilendo un nuovo modello di sviluppo urbano basato sull’arte iconica. Analogamente spettacolare è stata la Walt Disney Concert Hall a Los Angeles, con le sue vele d’acciaio che catturano e riflettono la luce del sole californiano, diventando il cuore pulsante della vita musicale della metropoli americana.

Nonostante alcune critiche iniziali sul lato pratico e sui costi di manutenzione delle sue strutture complesse, Frank Gehry ha sempre difeso la sua visione, sostenendo che l’architettura deve essere espressione artistica prima che pura funzionalità. Egli credeva fermamente che i suoi edifici dovessero offrire un’esperienza emotiva ai visitatori, rompendo la monotonia e l’ortodossia del Modernismo freddo per abbracciare un nuovo vocabolario dinamico e quasi onirico. L’eredità che Gehry ci lascia è una lezione fondamentale sulla potenza trasformativa del design e sulla necessità di osare sempre oltre il conosciuto, spingendo architetti e urbanisti a pensare in modo più libero, scultoreo e profondamente umano.

Dario Lessa